Bruxelles – Sembra essere sempre più decisa la Commissione Europea a portare fino in fondo il progetto di regolamentare a livello etico e legislativo la transizione digitale, seguendo lo stimolo offerto dal Parlamento Europeo lo scorso 20 ottobre. Lo ha spiegato chiaramente la vicepresidente esecutiva della Commissione UE per un’Europa pronta per l’era digitale, Margrethe Vestager nel corso della videoconferenza Beyond the buzzwords: Putting meaningful transparency at the heart of the Digital Services Act, organizzata oggi (venerdì 30 ottobre) dall’European Policy Centre (EPC) e da Algorithm Watch. “Poche grandi piattaforme online hanno un impatto enorme, ma dobbiamo riuscire a integrarle nella nostra democrazia”. Ecco perché “il Digital Services Act (DSA) proteggerà nostra democrazia, controllando come lavorano gli algoritmi”, mentre “l’identità digitale europea certificherà e controllerà l’utilizzo delle informazioni personali dei cittadini europei”.
Passi necessari da parte della Commissione all’alba del “decennio digitale” – come è stato definito dalla presidente, Ursula von der Leyen – che saranno intrapresi tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021. “A dicembre presenteremo il DSA, basato su poche semplici regole chiare”, ha spiegato la vicepresidente Vestager. “Prima di tutto, le piattaforme dovranno informare gli utenti su come selezionano i contenuti. La selezione c’è sempre stata, ma la linea editoriale di quotidiani o televisioni è dichiarata e si può fare una comparazione tra organi di informazione”. Facendo il paragone con il celebre film The Truman Show, Vestager ha spiegato come invece oggi la situazione sia ben diversa: “Se la scelta è fatta da algoritmi, si potrebbe pensare di vivere in un mondo reale, che invece è stato costruito apposta per ognuno di noi. Sono sistemi che stanno decidendo cosa è legittimo vedere e cosa no, senza chiederci se siamo d’accordo”. Proprio per mitigare l’impatto sulla democrazia, attraverso la selezione delle informazioni, la Commissione chiederà ai gestori delle piattaforme “report regolari sulle politiche di moderazione, per permettere al regolatori di avere accesso ai dati e alle informazioni su come funzionano i loro algoritmi”.
Quando poi la questione si lega ai sistemi di intelligenza artificiale, la vicepresidente della Commissione alza la guardia: “Qui gli algoritmi sono più spinti a filtrare dati ed è più facile che si ricreino anche nel mondo digitale situazioni di discriminazione”. L’approccio rimane però sempre però quello di una prudenza mescolata alla consapevolezza che queste tecnologie sono sempre più necessarie in un mondo spinto verso la digitalizzazione anche dalla pandemia Covid-19: “Faremo in modo che le linee etiche dell’Unione Europea si applichino anche all’intelligenza artificiale. Ma soprattutto chiederemo che questi sistemi siano aperti ai regolatori, perché possono monitorare il modo in cui vengono prese le decisioni”.
Ultima, ma non per importanza, la questione dell’identità digitale UE, lo SPID europeo: “Senza, stiamo lasciando porte aperte a tutti i nostri dati personali, permettendo alle piattaforme di accedere anche a informazioni che non vorremmo condividere. Ecco perché stiamo lavorando per controllare l’utilizzo dei dati dei cittadini europei online“, ha spiegato Vestager. “La logica è la stessa di un passaporto: lo Stato di appartenenza certifica i dati che serviranno poi in un altro Paese, ma a livello digitale. Così il cittadino sa quali dati sono condivisi e come possono essere utilizzati”. La vicepresidente della Commissione si è infine lanciata in una considerazione generale sullo spirito che guida la Commissione su tutte le sue iniziative nella sfera digitale: “L’Unione Europea può proteggersi da sola, dandosi regole per fare sì che gli algoritmi non siano una minaccia ma un’opportunità per far evolvere la democrazia europea. Così le piattaforme possono rimanere ciò che sono: uno strumento di conoscenza, non un guardiano che decide ciò che possiamo o non possiamo fare online”.