La decapitazione di un professore di storia a pochi passi dal liceo dove insegnava per mano di un fanatico mussulmano ha scaraventato di nuovo la Francia nell’incubo del terrorismo islamico, proprio quando si sta celebrando a Parigi il processo per gli attentati del Bataclan e questo di nuovo sulla scia delle vignette di Charlie Hebdo, che il professore assassinato aveva mostrato ai suoi studenti in una lezione sulla libertà d’espressione.
La reazione francese è stata risoluta e tutta la nazione si è schierata dietro Macron che ha ribadito l’attaccamento irrinunciabile alla libertà d’espressione e la coraggiosa prerogativa francese della libertà di blasfemia, intensificando le grandi manovre già lanciate in precedenza per lottare contro quella forma di separatismo che non è territoriale ma mentale, che rischia di dividere la società nella sua carne viva, da individuo a individuo, per il nascere e il propagarsi nel paese di una lealtà religiosa opposta ai valori della Repubblica.
Nello stesso tempo la Francia è l’unica nazione europea a contrastare attivamente l’offensiva espansionistica di Erdogan nel Mar Egeo organizzando manovre militari congiunte con la Grecia a cui, è vero, hanno partecipato anche Italia e Spagna ma anche criticando l’operato del leader turco.
Intanto le navi di prospezione petrolifera di Ankara continuano ad usurpare le acque territoriali greche e cipriote mentre in Libia il sultano continua a fomentare la guerra fra le fazioni armando forze arabe al suo comando. La Francia anche qui ha avuto il coraggio di contrastare il contrabbando di armi destinate alla Libia bloccando in mare un mercantile turco sospettato di traffico illecito.
Per non parlare dei nuovi venti di guerra nel Nagorno-Karabakh, dove Ankara arma l’Azerbaijan ed è sospettata di partecipare direttamente ai combattimenti con droni che decollano dal territorio turco. Una guerra sporca dove la Turchia dota l’esercito azero di bombe a grappolo, vietate dai trattati internazionali. Varrà la pena di ricordare che anche qui la Francia è stata l’unico paese europeo ad inviare una delegazione parlamentare a Erevan, lanciando un segnale di sostegno all’Armenia che la Turchia ha subito criticato arrivando perfino ad insultare il Presidente francese definendolo un malato mentale e fomentando il boicottaggio di prodotti francesi nei paesi arabi.
La Francia è attiva in Libano, dove sostiene il movimento di protesta e di rinnovamento nato dopo le esplosioni di agosto nel porto di Beirut e da anni combatte solitaria in Mali una guerra interminabile contro formazioni di Daesh che dal teatro siriano si sono spostate su quello dell’Africa occidentale, dove cercano di crearsi una nuova area di influenza.
La Francia insomma è in prima linea, nella difesa di interessi che non sono solo francesi ma europei.
L’Unione europea ha condannato le derive di Erdogan e ha manifestato il suo appoggio alla Francia. Ma in concreto nessun altro paese europeo si unisce solidamente al suo sforzo e sono in molti a liquidare l’interventismo francese come gesticolazioni di una potenza che fu e che si accanisce a non mollare gli ultimi ossi di influenza che le restano. La Francia è invece sempre coerente con sé stessa e con la propria storia e se si vede come una potenza lo fa dal punto di vista ideale, dei valori su cui si fonda e sul carattere universale che attribuisce loro.
Scrive Dario Fabbri su Limes: ”Velleitaria, incauta, (la Francia) si percepisce espressione di una civiltà universale. Si offre al pianeta come un’idea cui può aderire ogni essere umano, come un fenomeno che riguarda l’intera ecumene”. Quando la Francia difende la laicità al punto di sostenere la libertà di blasfemia, difende un valore che oggi è in bilico in molte nostre società, sotto i colpi di una visione politica della religione che non riguarda solo l’Islam e che fa male anche alla religione. Per questo la Francia non dovrebbe essere lasciata sola ma avere al suo fianco tutti paesi dell’Unione europea in questa che di fatto è una guerra su fronti diversi contro i valori su cui si fonda la nostra civiltà.