L’Italia “sostiene” l’etichettatura obbligatoria per le carni trattate ma non “sottovaluta il tema dei costi per le imprese”. È quanto ha spiegato a Bruxelles il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, a margine del Consiglio Agricoltura e Pesca in cui si è discusso anche di questo tema che è diventato centrale in Europa dopo lo scandalo della carne di cavallo trovata nelle lasagne surgelate. Dopo aver reso obbligatoria l’etichettatura di provenienza per tutte le carni fresche, l’Ue sta ora discutendo, su forte spinta francese, la possibilità di inserire queste indicazione anche nei prodotti trattati come i cibi pronti.
Ma una valutazione d’impatto fatta dalla Commissione europea afferma che i costi per le imprese sarebbero molto alti: le aziende di cibi pronti non si riforniscono sempre dagli stessi allevatori e quindi sarebbero tenute a cambiare le confezioni ogni volta che cambiano fornitore, con conseguenti problemi di costi e di organizzazione del lavoro. “Non è semplice scegliere un percorso e gli orientamenti dono diversi”, ha riconosciuto Martina che ha però ribadito che “L’Italia è tradizionalmente a sostegno di un’opzione che individua tempi e modalità per una etichettatura obbligatoria” perché “ci sono le condizioni per farlo” e il tema “non è più rinviabile”.
Ma allo stesso tempo per il ministro “è chiaro che ci può essere un tema di costi per le imprese da non sottovalutare”, per questo l’Italia lavora “per definire due obiettivi: la massima trasparenza possibile per i consumatori e una sostenibilità dal lato delle imprese”. Si tratta di una discussione “non semplice” su cui però ci sono “un’indicazione del Parlamento europeo e una del Parlamento italiano”.
Strasburgo ha votato a gennaio una relazione che chiede l’indicazione di origine anche per i prodotti trasformati, e lo stesso ha fatto il Parlamento italiano con la mozione Sani nel dicembre scorso. Sul tavolo delle trattative europee ci sono però tre opzioni: quella più restrittiva che chiede l’indicazione nazionale di provenienza e altre due più blande che, partendo dal presupposto che le norme comunitarie sui cibi sono comuni a tutti i Paesi Ue, chiedono una l’indicazione semplicemente di prodotto Ue o non Ue, e un’altra l’indicazione esplicita del Paese solo quando si tratti di uno Stato membro. “Se guardo alle indicazioni della mozione italiano, il Parlamento chiede l’etichettatura obbligatoria del Paese ed è un orientamento forte”, dopo di che a Bruxelles c’è una “discussione interessante” sull’ipotesi Ue non Ue che “riconosce nello spazio europeo uno spazio fondamentale di riferimenti” e per Martina l’Italia non può “sottrarsi a questa discussione”.
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