Il Parlamento europeo si è appena affacciato alla ribalta europea delle Assemblee che indicano il capo dell’esecutivo. Come ben si sa (almeno una qualche minoranza a due cifre degli elettori europei lo sa!) a queste elezioni per la prima volta i grandi partiti europei si presentano con un candidato da proporre agli elettori quale presidente della Commissione. E’ un processo straordinariamente condivisibile, importante, per niente scontato, né nell’aver trovato un accordo tra i partiti per fare questa cosa né che i governi le diano seguito, se solo avranno uno spazio per attaccarsi al loro tradizionale ruolo di decisori di fatto.
E’ tutto nuovo e molto bello dunque, in campagna elettorale si discute di temi europei, i cittadini si avvicinano sostenendo tutti un candidato che è di un altro paese (almeno per gli elettori di 27 paesi). L’Europa si avvicina ai cittadini.
Per il momento però, dopo il primo bel passo, ecco che socialisti e popolari son già tentati dal proseguire la loro tradizione egemonica nel Parlamento, in base alla quale queste due forze si spartiscono presidenze e potere, lasciando agli altri soltanto i resti. Deve essere un riflesso automatico dunque che spinge, secondo le bozze di calendari che ci è capitato di vedere, ad organizzare più dibattiti televisivi solo tra il candidato del Pse e quello del Ppe, lasciando a casa gli altri che pure ci sono: liberali, sinistra e verdi che, tutti insieme, rappresentano ben oltre il 20% dei voti, secondo i sondaggi (i partiti della destra estrema e i populisti non hanno un candidato europeo). Certo, è vero, forse il prossimo presidente della Commissione sarà Martin Schulz o Jean-Claude Juncker (ma non ci scommetterei, oggi, una somma significativa) però è vero che corrono anche altri candidati di tutto rispetto, che per il rispetto dovuto agli elettori dovrebbero partecipare ai dibattiti televisivi.
Guy Verhofstadt è stato per nove anni premier del Belgio, ha la grande medaglia di essere già stato trombato alla guida della Commissione perché i britannici lo ritengono troppo europeista, bene, sono molto interessato a vedere cosa potrebbe dirsi con Schulz. Alexis Tsipras sta raccogliendo firme in tutta Europa perché la sua lista riesca a presentarsi, è un grande esempio di cosa l’Unione possa significare per la vicinanza tra i cittadini, e lui è anche uno dei campioni della lotta alle politiche di austerità (che tra l’altro ha vinto). Mi interessa vedere un confronto tra lui e Juncker, campione, pur critico, di chi ha invece deciso l’austerità. E i verdi, un po’ più complicati perché hanno due candidati, Ska Keller e José Bovè, che sono gli unici ad aver fatto delle primarie per scegliere i loro portabandiera, che stanno facendo anche loro una grande esperimento di condivisione che si battono per temi fondamentali per il nostro sviluppo, non dovremmo vederli interagire con gli altri?
Ecco, questa cattiva abitudine dei partiti nazionali “grandi” di tagliare l’erba sotto i piedi dei piccoli si sta rischiando di prenderla subito anche in Europa. Eppure qui il sistema di voto, non per caso, è proporzionale, e dunque deve esserci spazio per tutti.
Lorenzo Robustelli