Bruxelles – I soldi non tirano più come una volta. In linea di principio si può pagare con le tradizionali monete e banconote, ma nell’UE gli Stati membri della moneta unica “possono, nell’esercizio di competenze diverse da quella riguardante la politica monetaria” e “a determinate condizioni”, porre limiti all’uso del denaro contante per i pagamenti. Questo il giudizio dell‘avvocato generale Giovanni Pitruzzella, che alla Corte di giustizia dell’Unione europea suggerisce di interpretare il diritto comunitario in senso di poter vietare, “per motivi di interesse pubblico”, il ricorso al cash.
L’avvocato generale ricorda innanzitutto che l’Unione non prevede un diritto assoluto al pagamento in contanti in tutti i casi, e che gli strumenti normativi a disposizione quali la raccomandazione sul corso legale dell’euro, consentono di concludere che la nozione di ‘corso
legale’ delle banconote dev’essere intesa nel senso che essa comporta un obbligo di
principio di accettazione delle banconote da parte del creditore di un’obbligazione di
pagamento, fatte salve due eccezioni.
Il superamento del principio generale avviene nel caso in cui le parti contrattuali,
nell’esercizio della loro autonomia privata, abbiano convenuto altri mezzi di pagamento diversi dal contante. Altra eccezione, il caso in cui l’Unione o uno Stato membro dell’eurozona,
nell’esercizio di competenze loro proprie diverse da quella in materia di politica monetaria,
abbiano adottato una normativa che, in ragione del suo obiettivo e contenuto, non
costituisce una disciplina del corso legale, ma prevede, per motivi di interesse pubblico,
limitazioni all’uso delle banconote in euro come mezzo di pagamento.
C’è poi l’eccezione alle eccezioni. Le persone considerate “vulnerabili”, ossia in difficoltà economiche e impossibilitate ad avere accesso ai servizi finanziari, che presuppongono altri costi. Per questa categoria di persone il contante costituisce la sola forma di moneta accessibile”, ed avendo la moneta una funzione sociale, è opinione dell’avvocato generale che “sussista un obbligo” di adottare misure idonee a permettere che persone vulnerabili che non hanno accesso ai servizi finanziari di base possano adempiere le loro obbligazioni, particolarmente se di natura pubblica, senza oneri aggiuntivi.
Spetterà alla Corte di giustizia l’ultima parola, attesa per le prossime settimane. Nel frattempo, come spesso avviene, l’avvocato generale offre un indirizzo interpretativo delle norme.