Bruxelles – Unanimità o non unanimità tra gli Stati nel processo decisionale in sede di Consiglio europeo. “La questione è regolarmente dibattuta”, riconosce il presidente del Consiglio europeo Charles Michel intervenendo lunedì 28 settembre a un dibattito al Bruegel, think thank di Bruxelles, toccando un argomento scivoloso a pochi giorni dall’inizio del vertice tra i capi di Stato e governo (1° e 2 ottobre) in cui i Ventisette dovranno trovare un compromesso su due temi di attualità estera: sanzioni in Bielorussia e sanzioni in Turchia. Per le decisioni in politica estera, come per il bilancio e altri temi di diritti umani, serve trovare l’unanimità tra tutti gli Stati membri, il che significa il più delle volte un rallentamento di fatto del processo decisionale europeo. Il tema rappresenta oggi un punto fondamentali tra i sostenitori di una revisione istituzionale dell’Unione europea che includa anche la modifica dei Trattati su cui si fonda.
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— Charles Michel (@eucopresident) September 28, 2020
Se da un lato il requisito dell’unanimità “talvolta impedisce persino la decisione”, ammette Michel, l’esigenza di trovare una posizione comune tra Ventisette “porta allo stesso tempo a sforzi costanti di unire gli Stati membri”. E questa unità europea, sottolinea, “è anche la nostra forza”. La necessità di unanimità promuove l’adesione duratura dei 27 paesi ad una strategia di deliberazione comune. Di riformare la regola dell’unanimità nel processo decisionale in sede di Consiglio si parla ormai da anni, il requisito rende il confronto politico più macchinoso ed è pensato, evidentemente, per un nucleo di Paesi molto ridotto numericamente rispetto ad oggi.
“Rinunciare all’unanimità è davvero una buona idea?”, si domanda con retorica l’ex premier belga. “Non ci sono altre riforme più rilevanti per agire più rapidamente a livello internazionale, senza perdere il valore aggiunto della nostra unanimità?”. Il dibattito è tornato a essere attuale a luglio, quando ai capi di Stato e governo ci sono voluti cinque giorni di duri negoziati per partorire una posizione comune sul pacchetto europeo anticrisi – fatto di Bilancio Ue a lungo termine e Next Generation EU – e anche ad agosto su quale atteggiamento assumere nei confronti di Bielorussia e Turchia. Di fatto per Michel la regola dell’unanimità non mina la credibilità e l’autorevolezza dell’Unione al di fuori dei confini europei, non contribuisce a indebolirla.
Anzi, rappresenta di fatto anche una garanzia che tutti gli Stati membri si sentano “coinvolti nel processo decisionale dell’Unione europea”. Il rischio, altrimenti, è quello di avere effetti collaterali negativi. “Concordo – aggiunge – che dovremmo andare più veloci su certe questioni, ma questo si può fare”. Come? Michel sostiene di aver constato negli ultimi mesi che “differenze apparentemente importanti tra gli Stati membri sono state rapidamente sfumate grazie al dibattito sostanziale”. Fa l’esempio del rapporto tra UE e Cina. I preparativi politici prima del Vertice tra Bruxelles e Pechino del 14 settembre “ci hanno permesso in pochi mesi di definire una posizione comune che è ormai condivisa da tutti”. La chiave sarebbe dunque quella di “lavorare insieme prima per arrivare in sede di Consiglio con un approccio comune europeo alle questioni di politica estera”.
Fiducioso che lo stesso varrà anche per le tensioni crescenti nel Mediterraneo orientale – tra Grecia, Cipro e Turchia – e persino per la Bielorussia. “Sono convinto che anche qui esprimeremo posizioni comuni che trarranno la loro forza dalla nostra unità”. Cita ancora le decisioni assunte a luglio sul bilancio e sul fondo di ripresa: in quell’occasione “il confronto politico, lo scambio di argomentazioni sul merito” hanno rappresentato una tappa essenziale nel processo di deliberazione democratica. “E hanno infine trovato la legittimità della decisione”. Naturalmente riconosce che in questi casi l‘unità “non è spontanea, ma richiede sforzo, tenacia e una volontà forte e incrollabile”. Questo sforzo contribuisce anche a rafforzare l’unità tra gli Stati membri.
Michel si sofferma sul rafforzamento dell’Unione europea in politica estera, facendo eco alle osservazioni dell’alto rappresentante UE Josep Borrell sull’urgenza di trovare una autonomia strategica in un contesto globale mutato e polarizzato. Lo stesso sottolinea anche Michel. “Siamo capaci di mobilitarci di fronte alle nostre sfide interne. Ora abbiamo il dovere di trasferire questa capacità anche all’esterno”, rafforzando l’autonomia strategica dell’Unione attraverso tre obiettivi: mantenere la stabilità globale, diffondere gli standard europei e “promuovere i nostri valori”.