Bruxelles – Distanziamento, uso di mascherine e igienizzazione delle mani sono “non sufficienti per ridurre o controllare l’esposizione” al Coronavirus. Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) mette in guardia, e invita a fare di più. Una precisazione d’obbligo. Nella sua relazione l’ECDC non dice che quanto fatto finora è inutile, sottolinea che le sole strategie anti-confinamento entrate ormai nell’uso e costume quotidiano per quanto necessarie non sono sufficienti. Servono altri accorgimenti. Quali? Lo sintetizza Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo.
“Fino a quando non sarà disponibile un vaccino sicuro ed efficace, l’identificazione rapida, i test e la quarantena dei contatti ad alto rischio sono alcune delle misure più efficaci per ridurre la trasmissione”, spiega. Le raccomandazioni dell’ECDC però non finiscono qui. Comprendono anche l’invito ad un rafforzamento delle capacità sanitarie, ad azioni di sanità pubblica mirate a individui e operatori sanitari vulnerabili dal punto di vista medico. Ancora, si raccomanda la definizione di strategie di test, misure di quarantena e soprattutto tracciamento dei contatti.
Si ripropone il dibattito dunque sulla app Immuni, che ancora divide l’opinione pubblica e che continua a non trovare pronta la politica. Che però adesso deve rispondere, e in fretta, perché la situazione preoccupa la Commissione europea. “In alcuni Stati membri la situazione dei contagi è adesso peggiore a quella di marzo, quando avevamo picchi”, denuncia Stella Kyriakides, commissaria per la Salute. “Ciò è forma di preoccupazione. Dobbiamo evitare la situazione per cui i governi sentano di non avere altra scelta a misure di confinamento. Sarebbe dannoso”.
Secondo il rapporto ECDC, al 13 settembre i Paesi UE e Schengen dove l’andamento dei contagi è considerato “stabile” sono dodici: Belgio, Cipro, Finlandia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Polonia e Svezia. Qui si considera nel complesso un basso rischio pandemico. In tutti gli altri Paesi invece si registrano “tendenze preoccupanti”, e dunque il rischio pandemico varia da “moderato” a “serio”. Dunque mezza Europa è nei fatti area a rischio (Austria, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Ungheria)
Mentre il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie invita a rispettare le regole fin qui adottate e di affiancarle ad altre politiche, l’esecutivo comunitario esorta gli Stati a un maggiore coordinamento. “Vogliamo regole armonizzate per i viaggi perché riteniamo siano necessarie”, dice Kyriakides a proposito della gestione delle frontiere. Nella pratica vuol dire che “ tutti gli Stati membri devono essere pronti a mettere in atto misure di controllo immediatamente e al momento giusto, al primissimo segnale di potenziali nuovi focolai”. Per Kyriakides “questa potrebbe essere la nostra ultima possibilità per evitare una ripetizione della primavera scorsa”.