(ha collaborato Emanuele Bonini)
Bruxelles – Mediaset, la partecipazione di Vivendi si può fare e vietarla vuol dire infrangere le regole europee su concorrenza e pluralismo dell’informazione. La Corte di giustizia dell’UE infligge un duro colpo al gruppo Fininvest e all’Italia, che fin qui hanno contestato l’operazione di acquisto di quote azionarie da parte dei francesi sulla base di legislazioni nazionali incompatibili con il diritto dell’Unione.
Nel 2016, la società francese Vivendi, a capo di un gruppo attivo nel settore dell’informazione e di contenuti audiovisivi, ha iniziato ad acquistare azioni di Mediaset, società attiva nello stesso settore e controllata dal Fininvest. Vivendi ha raggiungo il 28,8% del capitale sociale, che corrisponde al 29,94% dei diritti di voto. Un’operazione osteggiata al gruppo della famiglia Berlusconi, che ha fatto ricorso alll’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM).
Quest’ultima ha accolto il ricorso di Fininvest. Vivendi, secondo AGCOM, ha violato la normativa italiana che, per salvaguardare il pluralismo dell’informazione, vieta a qualsiasi società i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche tramite società controllate o collegate, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di accrescere la propria partecipazione nel settore.
I giudici di Lussemburgo stabiliscono che il principio di libertà di stabilimento sancita dall’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) “è in contrasto con la legge italiana che impedisce ad una società di un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche a livello nazionale, anche tramite società controllate o collegate, sono superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo”.
Ecco dunque ribaltata completamente il pronunciamento. Non sono i francesi in violazione delle regole, ma gli italiani. Perché le norme italiane distorcono il mercato interno, limitando libertà d’impresa e creando restrizioni eccessive. Perché, rilevano ancora i giudici di Lussemburgo, la disposizione italiana “fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa possa effettivamente influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media”.
Duro colpo dunque per Silvio Berlusconi, azionista di maggioranza del gruppo Fininvest. Per lui la notizia di essere positivo al COVID-19 è forse poca cosa rispetto al via libera della Corte di giustizia dell’UE ad una presenze sempre più forte dei francesi nelle aziende di famiglia.