Bruxelles – La Commissione europea ha rifiutato alcune sovvenzioni nell’ambito di un programma di gemellaggio per sei città polacche che hanno dichiarato le loro aree “libere” da comunità lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali (LGBTI).
“I nostri trattati assicurano che ogni persona in Europa sia libera di essere quello che è, di vivere dove vuole, di amare chi vuole e di puntare in alto quanto vuole. Continuerò a spingere per un’Unione di uguaglianza”, ha affermato il presidente della Commissione Ursula von der Leyen giovedì (30 luglio), commentando la questione, come riporta EuObserver.
Nell’ambito del programma di gemellaggio di città dell’UE, le autorità locali possono ricevere sovvenzioni fino a 25.000 euro per aiutare i visitatori di altre comunità a prendere parte a programmi ed eventi congiunti che incoraggiano il dibattito pubblico a livello dell’UE.
Finora sono stati selezionati 147 progetti che riceveranno oltre 2,3 milioni di euro nell’ambito di questo programma di finanziamento.
Secondo le linee guida del programma, ricorda EUObserver, i promotori del progetto devono prestare la dovuta attenzione alla necessità di promuovere le pari opportunità – garantendo l’accessibilità a tutti i cittadini europei senza alcuna forma di discriminazione basata su genere, origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale .
Non è però ancora chiaro a quali città polacche siano state rifiutate le sovvenzioni. Ci sono circa 80 comuni, principalmente nella Polonia sud-orientale, dichiarati “liberi dall’ideologia LGTBI”.
Il ministro della giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha condannato la decisione e ha accusato la commissione di discriminare i cittadini polacchi. “Non permetteremo la discriminazione dei cittadini polacchi e dei governi locali da parte dell’Unione europea”, ha detto Ziobro sui social media.
Durante il vertice del Consiglio europeo di questo mese, i leader dell’UE hanno concordato, per la prima volta, di collegare i finanziamenti dell’UE al rispetto dello stato di diritto, anche se la decisione è stata piuttosto annacquata dalle pressioni di Ungheria e Polonia.