Bruxelles- ” Considerando che le armi di cui gli Stati membri dell’UE hanno autorizzato il trasferimento sono state utilizzate in conflitti come quello dello Yemen… e hanno avuto un impatto catastrofico sullo sviluppo sostenibile della regione”, gli europarlamentari hanno adottato lunedì 13 Luglio con 33 voti a favore, 11 contro e 26 astensioni una risoluzione volta a implementare la posizione comune sull’esportazione d’armi da parte dei paesi UE .
L’ultimo rapporto pubblicato dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2019 dava l’Unione Europea come secondo esportatore di armi al mondo (26% dell’export mondiale) riferendo che il 40,5% di questo mercato era destinato al Medio-Oriente , con Arabia Saudita, Egitto e Emirati arabi a finanziare un mercato pari a 57,9 miliardi di euro annuali. Preoccupata delle implicazioni delle armi europee nei conflitti regionali in Nord-Africa e in Medio Oriente la Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo ha dato pieno supporto alla proposta del Consiglio UE di rafforzare il controllo delle esportazioni di armi nella “necessità di una maggiore trasparenza nel settore“.
Gli europarlamentari hanno chiamato i Paesi membri a cessare ogni trasferimento di armi e di tecnologie militari alle parti coinvolte nel conflitto libico salutando con favore l’apparizione della missione europea IRINI (che ha messo fine a SOPHIA) che si propone di applicare a livello europeo l’embargo sulle armi imposto dall’Onu nei confronti della Libia.
“Le esportazioni di armi hanno bisogno di un controllo parlamentare e pubblico. Con l’aumento della cooperazione e dei finanziamenti dell’UE nella produzione di armi, il controllo e la regolamentazione dell’UE sono sempre più necessari” ha detto la relatrice dell’iniziativa Hannah Neumann del gruppo dei Verdi tedeschi. Secondo la relazione dell’eurodeputata “l’ambizione di accrescere la competitività del settore europeo della difesa non deve compromettere l’applicazione degli otto criteri fissati della posizione comune sull’esportazione di armi“. Questi prevedono che la vendita di tecnologia militare avvenga verso Paesi che rispettino il diritto internazionale e che tale trasferimento sia finalizzato al mantenimento della pace, della sicurezza e della stabilità regionali. Gli 8 criteri prevedono inoltre che i Paesi membri rispettino le norme di embargo imposte dall’ONU e dall’Unione Europea evitando il “rischio di sviamento delle attrezzature militari verso organizzazioni terroristiche e criminali” . La risoluzione votata dal Parlamento Ue chiede chiari progressi in questo senso e si dice “sconcertata dalla quantità di armi e munizioni prodotte nell’UE e trovate nelle mani di Da’esh in Siria e in Iraq segnalando che la Bulgaria e la Romania “non hanno dato efficace applicazione alla posizione comune per quanto riguarda i ritrasferimenti non conformi ai certificati di destinazione finale”.
La risoluzione invita dunque gli Stati membri ad applicare in modo omogeneo gli otto criteri disponendo modalità di verifica e di controllo indipendenti e coordinate a livello comunitario che prevedano sanzioni da imporre agli Stati membri che non abbiano preliminarmente verificato il rispetto dei criteri al momento della concessione delle licenze.
Gli eurodeputati hanno ricordato che il fine della politica estera e di sicurezza comune dell’UE (PESC) è quella di favorire la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale e hanno salutato con favore gli sforzi compiuti dall’Unione Europea per rendere il “Trattato sul commercio delle armi” (ATT) dell’Onu un meccanismo di controllo internazionale chiamando i principali paesi esportatori di armi, come gli Stati Uniti, la Cina e la Russia, a firmare e a ratificare il Trattato.