Bruxelles – Una conferenza stampa on line in tedesco senza alcun servizio di traduzione né interpreti, un pugno di giornalisti selezionati riservatamente a Berlino e Bruxelles ammessi a porre domande i quali però soli, in una saletta della Commissione UE, avevano la traduzione. La Germania si presenta così, e la Commissione europea gioca il suo gioco, all’incontro con i giornalisti dopo il video-vertice tra l’Esecutivo europeo e la neo presidenza semestrale tedesca.
La Commissione europea si è assunta la responsabilità del problema, dopo le proteste di decine di giornalisti, dicendo che un problema tecnico ha impedito di trasmettere le traduzioni tradizionali in inglese e francese. E, finita la conferenza stampa, ha iniziato poi, con il contagocce, ad inviare le immagini registrate e con le traduzioni.
Impossibile dire se, con una decisione certo non comune, sin dall’inizio si era pensato di fare a meno delle traduzioni e ci sia stato poi un recupero in corsa, o se davvero si sia trattato di un (singolare, visti i grandi mezzi a disposizione della Commissione europea e della Germania) problema tecnico.
Certo è che, vista la situazione, si sarebbe dovuto rinviare la conferenza stampa fino a quando il problema non fosse stato risolto, non ci sarebbe voluto molto probabilmente.
Certo l’immagine che si è data è stata quella di un’Europa che parla solo tedesco, senza possibilità di intendere, non è un buon segnale, e la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, anche lei tedesca, cade nella tentazione e nell’errore di presentarsi così.
Dear journalists, we have had an unforeseen technical issue that did not allow us to broadcast live the German Presidency press conference in English, French and German as foreseen. We are going to publish the three versions on EbS asap. My deepest apologies for this mishap.
— Eric Mamer (@MamerEric) July 2, 2020
Ogni tanto von der Leyen ha concesso risposte e dichiarazioni in inglese o francese. Ma quando, in inglese, viene chiesto a entrambe le leader del ruolo delle donne nell’UE di oggi, la risposta giunge in entrambi i casi in tedesco, consapevoli che traduzioni non ve ne sono. Niente Europa “Unita nella diversità”: i diversamente germanofoni sono lasciati indietro.
Nel pasticcio comunicativo della presidenza di turno tanto attesa si ricorda la delicatezza del momento, l’importanza di fare in fretta a trovare un accordi su bilancio pluriennale (MFF 2021-2027) e meccanismo per la ripresa (Next Generation EU), perché “ogni giorno conta”, dice von del Leyen. Si ricorda che le relazioni con la Cina “restano complesse” per la natura di partner negoziale, concorrente commerciale e rivale sistemica che la Repubblica Popolare ha e “avrà ancora nei prossimi mesi”. Servirà più Europa, in sostanza. Se solo si scegliesse di parlare a tutti invece che solo ad alcuni sarebbe gradito e utile.
C’è anche la questione Brexit, con cui si dovrà fare i conti. Da programmi e accordi il 31 dicembre di quest’anno il Regno Unito sarà in tutto e per tutto fuori dall’UE. Nel loro idioma von der Leyen e Merkel dicono di volere un accordo ma non di non volerlo ad ogni costo, e di tenersi pronti allo scenario di accordo mancato. E poi si è parlato di immigrazione, con l’impegno a fare passi avanti ma senza promesse precise. La presidenza tedesca dunque, ma non è una novità, è piena di sfide e irta di incertezze. L’esordio non aiuta, e questa sì che è una cosa inattesa.