Bruxelles – Sempre agli ultimi posti, in particolare per il capitale umano specializzato, tranne che per la preparazione al 5G. Questo è il quadro della situazione italiana secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) pubblicato oggi dalla Commissione europea in un corposo studio dal quale però ha per la prima volta escluso la classifica di copertura delle reti oltre 100 Mbs, che, per le necessità attuali, copre le esigenze di collegamento della maggior parte dei privati e delle PMI.
Le relazioni DESI sono lo strumento mediante cui la Commissione Europea monitora il progresso digitale degli Stati membri dal 2014. Queste rilevazioni comprendono sia profili nazionali che capitoli tematici.
La Commissione sottolinea come “l’attuale pandemia di Covid-19 ha dimostrato quanto le risorse digitali siano diventate importanti per le nostre economie e come le reti e la connettività, i dati, l’intelligenza artificiale e il supercalcolo, come pure le competenze digitali di base e avanzate, sostengano le nostre economie e società, rendendo possibile la prosecuzione del lavoro, monitorando la diffusione del virus e accelerando la ricerca di farmaci e vaccini”.
E per l’Italia sono guai, visto che si colloca al 25º posto fra i 28 Stati membri dell’UE (si considerano ancora il Regno Unito tra questi, visto che i dati risalgono al 2019).
I dati precedenti la pandemia “indicano che il Paese è in una buona posizione in termini di preparazione al 5G, in quanto sono state assegnate tutte le bande pioniere e sono stati lanciati i primi servizi commerciali”. Sussistono però “carenze significative per quanto riguarda il capitale umano: rispetto alla media UE, l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore TIC è molto al di sotto della media UE”.
La Commissione rileva come “queste carenze in termini di competenze digitali si riflettono nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali. Solo il 74% degli italiani usa abitualmente Internet. Sebbene il paese si collochi in una posizione relativamente alta nell’offerta di servizi pubblici digitali (e-government), il loro utilizzo rimane scarso. Analogamente, le imprese italiane presentano ritardi nell’utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data, così come per quanto riguarda l’adozione del commercio elettronico”.
Qualcosa pesò sta cambiando, se è vero che “nel 2019 a livello politico è cresciuta l’attenzione verso il potenziamento della digitalizzazione dell’economia e della società italiane. L’anno è stato contrassegnato dal lancio di nuove iniziative e, in particolare, dall’istituzione di un nuovo Ministero per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, con funzioni di coordinamento… che nel dicembre 2019 ha presentato la strategia ‘Italia 2025’, un piano quinquennale che pone la digitalizzazione e l’innovazione al centro di ‘un processo di trasformazione strutturale e radicale del Paese”.
La Commissione riconosce che il ritmo di attuazione dei grandi progetti di digitalizzazione della pubblica amministrazione “è aumentato significativamente nel 2019”.
Per quanto riguarda la digitalizzazione delle imprese, “il governo ha rinnovato il Piano Nazionale ‘Impresa 4.0’ e ha lanciato il piano ‘Transizione 4.0’, con una maggiore attenzione all’innovazione, agli investimenti verdi e alla partecipazione delle PMI”.
Nel complesso, denuncia la Commissione “l’uso dei servizi Internet in Italia rimane ben al di sotto della media UE”. La posizione in classifica è rimasta invariata rispetto alla relazione precedente (26º posto su 28 Stati membri). E “lo scarso uso dei servizi Internet riflette il basso livello di competenze digitali. Il 17% delle persone che vivono in Italia non ha mai utilizzato Internet; tale cifra è pari a quasi il doppio della media UE e colloca il Paese al 23º posto nell’Unione”.
Le attività online più diffuse sono l’ascolto di musica, la visione di video o giochi, seguite dalle videochiamate, dalla lettura di notizie e dall’uso dei social network. Seguire un corso online e vendere online sono le attività meno diffuse. Gli indicatori sono rimasti complessivamente stabili nell’ultimo anno. Nessuna delle attività online monitorate ha ottenuto un punteggio superiore alla media UE, ad eccezione delle videochiamate, utilizzate dal 65% degli utenti di Internet (cifra superiore alla media UE del 60%). Si tratta dell’unica attività che ha registrato un aumento significativo rispetto all’anno precedente (dal 47% del 2018).