Bruxelles – Dubbi giuridici, contabili, pratici, metodologici. La posizione dei Paesi Bassi sul pacchetto per il rilancio dell’UE messo a punto dalla Commissione europea è all’insegna dello scetticismo. Non sul principio, perché gli olandesi sono consapevoli che servono risposte eccezionali. Sono le scelte che lasciano perplessità, e le scelte sono politiche come il negoziato che dovrà dire se l’Europa saprà dotarsi degli strumenti di risposta alla pandemia di Coronavirus.
Probabilmente, in ottica negoziale, qualche posizione espressa dal governo e dalla delegazione dei Paesi Bassi risponderà alla logica propria di ogni trattativa, vale a dire creare ostacoli in realtà inesistenti per contrattare e cercare di ottenere di più. Ma al di là delle lodi (si assicura che il lavoro svolto dalla Commissione UE è considerato “rimarchevole”), quella che arriva dall’Aja appare una bocciatura su un po’ tutta la linea.
Innanzitutto si contesta la mole del meccanismo di ripresa (Next Generation EU). Per il governo olandese “non si capisce” da dove la Commissione UE abbia tirato fuori la somma di 750 miliardi di euro. Addetti ai lavori riferiscono la costernazione per una proposta di gran lunga superiore all’idea franco-tedesca di un fondo per la ripresa da 500 miliari. C’è un quarto di trilione in più, secondo l’Aja, dove ci si interroga poi sulla natura dei finanziamenti.
Gli olandesi non contestano l’idea delle garanzie di per sé, anche se rimangono convinti che la strada dei prestiti resti quella preferibile. Ciò che rimproverano al team von der Leyen è di non aver prodotto analisi costi-benefici per ogni possibile scenario. Si voleva, all’Aja, la realizzazione di tre scenari: solo prestiti, solo garanzie, un mix di entrambi. Per ciascuno di questo scenario si voleva una valutazione dei ritorni economici, che non c’è stata.
Ancora, la questione delle condizionalità. In realtà non si chiede nulla di tutto ciò. Quello che si vuole sono le riforme, nel rispetto di quanto già previsto dalle regole vigenti. Nulla di nuovo dunque. Fonti UE confidano che gli olandesi sin dall’inizio chiedono due cose: ripresa e resilienza, laddove per resilienza si intende “la capacità degli Stati di far fronte a crisi future”. Saper rispondere agli shock, in sostanza. Il che presuppone finanze pubbliche in ordine e sistema bancario solido. Ridurre debito e crediti deteriorati non è quello che si chiede da sempre a Paesi come l’Italia, del resto?
A proposito di Italia e di debito, c’è proprio la questione dei disavanzi a non convincere governo e delegazione Orange. Sebbene Commissione europea e Banca centrale europea sostengano che non c’è problema di sostenibilità del debito per il futuro prossimo, c’è ancora chi sostiene il contrario. Il fatto che non ci sia giudizio unanime mette gli olandesi nella situazione di non poter prestare denaro a cuor leggero o, peggio, acconsentire a forme di condivisione degli oneri. Risulterebbe difficile da spiegare all’elettorato nazionale.
Si teme che in nome della crisi si allarghino troppo le maglie, si conceda troppa flessibilità e troppa indulgenza. Non a caso gli olandesi insistono sulla necessità di legare finanziamenti UE al semestre europeo, il processo di coordinamento delle politiche di bilancio. Riforme e attenzione alla spesa, la solita ricetta dei rigoristi che non scompare mai dal tavolo.
Ma non finisce qui. Gli olandesi capiscono che c’è da sostenere la ripresa, ma non capiscono perché, nel proporre il nuovo budget pluriennale comune, si proponga di destinare più risorse a programmi considerati come “non direttamente legati alla crisi da COVID-19 e alla ripresa”. Si teme che la Commissione ne abbia approfittato per indurre i governi a mettere più soldi, e da sempre gli olandesi sono per un bilancio ‘leggero’.