Roma – I segnali non sono buoni e l’Italia trova subito la salita nella trattativa sul Recovery fund. Ieri il primo affondo dei Paesi più critici verso la proposta della Commissione europea ha messo in allarme il ministro dell’economia Roberto Gualtieri che ha difeso il piano ‘Next generation EU’. “L’Italia sostiene un Recovery plan ambizioso e rivolto al futuro. La proposta della Commissione è un compromesso equilibrato e non deve essere ridimensionata”.
Un tweet mentre la riunione dell’Ecofin ieri era ancora in corso, con Austria e Olanda che contestano sia il plafond di 750 miliardi, sia la ripartizione dei finanziamenti a scapito dei prestiti. “Solo l’inizio di un confronto” per il vicepresidente Valdis Dombovskis che prova a stemperare le profonde divergenze ma è la posizione del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz a mantenere le acque agitate. Per la Germania si deve tornare alla proposta iniziale elaborata insieme alla Francia, un piano da 500 miliardi, che “studiato molto attentamente e in grado di spianare la strada a un accordo”.
La contrapposizione dei Paesi cosiddetti ‘frugali’, era nota fin dalla presentazione del progetto dell’esecutivo europeo e la Germania sembra ora scegliere la strada del compromesso: concedere qualcosa per evitare tempi lunghi e lo stallo di un Recovery che ricordiamo resta agganciato al Quadro finanziario pluriennale.
Una trattativa in cui entreranno inevitabilmente le richieste dei 27 Stati membri, ognuno dei quali cercherà di strappare qualcosa per sé, facendo valere alleanze e prove di forza. L’Ungheria che ieri si è apertamente schierata con i rigoristi, spiega come il negoziato sarà condizionata anche da molti fattori esterni. Il secondo tempo di questa partita comincerà comunque subito e già domani nella riunione dell’Eurogruppo si entrerà meglio nei dettagli, in vista della videoconferenza dei capi di Stato e di governo del 19 giugno.
Cattive notizie arrivano intanto dall’OCSE che oggi ha diffuso l’Economic outlook per i prossimi mesi. “La perdita di reddito supera quella provocata da qualsiasi altra recessione negli ultimi 100 anni, guerre escluse” scrivono nel rapporto il segretario generale Angel Gurrìa e la capo economista Laurence Boone. In base allo scenario migliore si stima una contrazione del Pil mondiale del 6% nel 2020 mentre in base allo scenario peggiore la contrazione sara’ del 7,6%.
Secondo l’organizzazione economica, l’Italia ha reagito rapidamente di fronte all’epidemia ma i tre pacchetti anti-crisi del valore di 4,2 punti di Pil dovrebbero ora “essere associati a rinnovati sforzi per un ambizioso programma di riforme strutturali”. Le previsioni del Pil italiano sono di una caduta dell’11,3% nel 2020 se non ci sarà una nuova recrudescenza dell’epidemia di coronavirus ma nel caso di una seconda ondata il crollo arriverà fino al 14%. Doppio scenario anche nelle conseguenze sul debito che salirà dal 134,8 % del 2019 al 158,2% nel migliore dei casi mentre in quello peggiore sfiorerebbe il 170%.
Tuttavia, durante la presentazione delll’Outlook Angel Gurrìa ha precisato che “non è il momento di applicare le regole strettamente alla lettera ma impiegare tutte le risorse che abbiamo, non lasciare nulla da parte, per combattere il virus, per vincere questa guerra contro il nemico”. Nella scheda dedicata all’Italia il principale rischio riguarda la forza e la durata della ripresa con il settore del turismo in Italia particolarmente vulnerabile ad una crisi prolungata conseguente a una seconda ondata del virus.
In riferimento all’Eurozona l’OCSE approva le recenti misure per affrontare l’emergenza ma invita le autorità europee a lavorare affinché questi “supporti temporanei si evolvano “in strumenti fiscali comuni permanenti”. Apprezzate le decisioni di ampliare il MES e contribuire a finanziare il lavoro nazionale a breve termine con il meccanismo SURE .
Positivo anche il passo del piano di risanamento finanziato dall’emissione di debito comune. “Il Recovery plan è una delle cose migliori capitate durante in questa crisi ha detto la capo economista Laurence Boone, difendendo l’impostazione data dalla Commissione e che oggi viene messa in discussione da alcuni Stati membri. Perché “è precisamente disegnato per affrontare le divergenze tra Paesi e prevalentemente basato su sussidi a fondo perduto con il vantaggio che non si aggiungono ai debiti pubblici nazionali mentre si finanziano a basso costo sul mercato”.