Bruxelles – Un aumento della domanda improvviso e superiore all’offerta, la congestione del mercato interno, una scarsa autonomia industriale interna. La pandemia di COVID-19 ha messo in luce le criticità dei sistemi sanitari nazionali degli Stati membri dell’UE, e i limiti dell’Europa nel campo della sanità. La commissione Ambiente del Parlamento europeo cerca di fare una mappatura delle cose che non hanno funzionato. Ha chiesto ai servizi dell’istituzione uno studio che facesse il punto della situazione, e il risultato è il resoconto del dipartimento tematico per le politiche economiche, scientifiche e di qualità della vita.
Due premesse d’obbligo: la prima è che si è chiesto di indagare sulle cause della penuria dei farmaci. Non c’è dunque un riferimento a posti letto e capacità di ricovero dei pazienti, ma solo riferimento a farmaci e medicinali. In secondo luogo per fermare il Coronavirus occorre un vaccino, che al momento non c’è. Va tenuto a mente, quando si parla di penuria di farmaci. La cura vera e propria non esiste, ma ci sono tutta una serie di prodotti medico-farmaceutici utili a salvare vite.
Lo studio ricorda che il ricovero in terapia intensiva implica il ricorso ad anestetici, antibiotici, rilassanti muscolari, medicinali per la rianimazione e anti-diuretici, così come ossigeno medico. Ancora, con per la terapia intensiva e di supporto dei pazienti affetti da COVID-19 occorrono anche farmaci respiratori e cardiaci, analgesici, medicinali anti-coagulazione.
Primo elemento di criticità: con la pandemia “la domanda di medicinali usati in reparti di terapia intensiva è aumentata in modo sostanziale”. Circa il 40% dei casi diagnosticati di COVID-19 richiede il ricovero in ospedale. “In media il 2% dei casi totali è trattato in terapia intensiva e/o richiede supporto respiratorio”, si legge nell’analisi. Risultato: un amento della richiesta di determinati medicinali, per lo stesso tipo di medicinali provenienti da tutta Europa, nello stesso tempo e in grandi quantità. Questo ha concorso alla carenza di farmaci.
Ma c’è dell’altro. C’è l’assenza di un mercato europeo del farmaco. “La carenza di medicine nell’UE non è un nuovo fenomeno provocato dalla pandemia”, si legge nel documento di analisi. “La dipendenza dell’industria farmaceutica europea dalle importazioni da paesi terzi è stata una questione di vecchia data, che è stata riconosciuta come una potenziale minaccia all’autonomia strategica dell’UE già prima della pandemia, e ora è stata esacerbata dalla crisi”. La crisi del Coronavirus ha messo in luce la dipendenza dell’UE dalla Cina e dall’India per le importazioni di importanti farmaci in terapia intensiva come antidolorifici narcotici, rilassanti per i muscoli e alcuni anestetici, nonché per il paracetamolo, “la cui esportazione in India è stata limitata all’inizio di marzo 2020”.
Ecco allora il terzo problema, quello delle restrizioni delle esportazioni, che “un impatto sostanziale sulla catena di approvvigionamento globale”. Inclusa quella comunitaria. Anche gli Stati membri hanno introdotto divieti di esportazione all’interno dell’UE, in previsione della carenza e per la creazione di scorte nazionali, “ostacolando il funzionamento del mercato interno”. Un modo di fare che per quanto comprensibili “va al di là delle giustificazioni e non è compatibile con il principio di solidarietà”.
Sull’indisponibilità di medicinali ha poi pesato il confinamento e lo spegnimento dell’economia. Il cosiddetto ‘lockdown’ “ha comportato blocchi temporanei o una riduzione della capacità produttiva nei siti di produzione, nelle materie prime o nei fornitori di ingredienti farmaceutici attivi, ha avuto un grave impatto sulla disponibilità di medicinali e ingredienti essenziali”. Non solo. La diminuzione della capacità di aerei cargo e aumenti dei prezzi a causa della messa a terra del trasporto aereo, delle chiusure delle frontiere all’interno dell’UE e di altri ostacoli ai trasporti “ha aggravato ulteriormente la situazione”, provocando “notevoli ritardi” in produzione e consegne. Le misure di lock down, in sostanza, hanno aggravato il problema.