Bruxelles – L’Italia ha speso male. Ha preso i soldi europei per promuovere l’efficienza energetica per le abitazioni, ma ha prodotto un risultato che non supera il vaglio della Corte dei conti europea, che inchioda le amministrazioni locali alle loro responsabilità. Nel rapporto di fresca pubblicazione si specifica che l’indagine è stata svolta in cinque Stati membri, tra cui l’Italia, ma viene specificato che in Italia in realtà si è andato a vedere l’operato della Regione Puglia. Piano regionale privo di obiettivi e requisiti, un bando di gara che ha tradito le attese, soldi spesi per ordinaria amministrazione: sull’edilizia sostenibile la Puglia di Nichi Vendola ha fallito.
La Corte dei conti europea rileva che il programma operativo 2007-2013 in Puglia non aveva identificato i settori specifici in cui si potevano ottenere risparmi energetici e le diverse opzioni per conseguirli in modo efficiente, condizioni necessarie per poter giustificare le misure scelte e il loro costo. Ancora, non è fornita una classificazione degli edifici in base al consumo energetico, e non stati quantificati il risparmio energetico potenziale e il fabbisogno di investimenti.
E non finisce qui. La Puglia è l’unico caso tra quelli esaminati ad aver elargito risorse attraverso bando di gara. L’autorità di gestione ha applicato un criterio legato al rapporto costi-benefici dei risparmi energetici. In teoria, dunque, si sarebbe dovuto riconoscere priorità a progetti che permettevano di risparmiare più energia a un costo inferiore. “Ciò non ha comunque impedito di finanziare anche progetti che offrivano risparmi energetici modesti in proporzione al loro costo”.
Alle pecche dell’amministrazione Vendola, si sono aggiunte le lacune del suo successore, Michele Emiliano. Come rileva la Corte dei conti dell’UE, era stato raccomandato alla Commissione europea di subordinare i finanziamenti a titolo della politica di coesione 2014-2020 all’introduzione di un’adeguata valutazione delle necessità a livello di programma. Ciononostante “nel 2019 la Puglia non aveva ancora adottato la prassi di basare i programmi operativi su una solida valutazione del consumo energetico né quella di quantificare i risparmi energetici potenziali e il corrispondente fabbisogno di investimenti”.
Ma se la Puglia è finita nell’occhio dei revisori contabili europei, è tutto il Sud a fare una brutta figura. Nel rapporto della Corte dei Conti si dedica una paragrafo al programma operativo interregionale 2007-2013 per l’energia, con il quale sono stati sostenuti progetti di efficienza energetica in Campania, Calabria, Puglia e Sicilia. Si rileva che gli inviti a presentare progetti del 2014 e del 2015 hanno finanziato con un tasso di aiuto del 100 % solo “semplici miglioramenti pre-selezionati”, in genere l’acquisto e l’installazione di lampadine a LED e pompe di calore.
Tale scelta ha certamente permesso alle autorità di spendere velocemente la dotazione residua prima della data di chiusura del 31 dicembre 2015, consentendo inoltre, in media, di ottenere un recupero dell’investimento in tempi rapidi. Dall’altra parte, però, questa strategia ha comportato anche un alto rischio di effetti inerziali, ossia di “finanziare miglioramenti standard che sarebbero stati realizzati comunque anche in assenza di finanziamenti dell’UE”.
Insomma, in Italia si è speso male. La conclusione della Corte dei conti UE è che la spesa per l’efficienza energetica degli edifici “non è guidata dal rapporto costi-benefici”. Una gestione migliore, soprattutto nell’ambito della selezione dei progetti, potrebbe generare maggiori risparmi energetici per euro investito.