Bruxelles – Un rapporto modificato in seguito alle minacce di ritorsioni da Pechino. All’accusa lanciata dal New York Times la Commissione risponde: “Nessuna pressione da parte della Cina”.
L’Unione europea, accusata dal New York Times di aver “ammorbidito” l’ultimo rapporto sulla disinformazione relativa al Covid-19 in seguito alle lamentele del governo cinese, nega oggi che ci siano state interferenze da parte di Pechino che l’abbiano spinta a modificarne alcune parti. “Le pubblicazioni del Servizio europeo per l’azione esterna sono indipendenti, non ci siamo mai inchinati ad alcuna pressione esterna” assicura Peter Stano, il portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ma a Bruxelles sono rimasti seri dubbi anche dopo questa vibrante difesa.
L’articolo del prestigioso quotidiano statunitense fa riferimento a una revisione del rapporto, in seguito a presunte pressioni da parte del governo cinese, e riporta anche una frase da una mail di Lutz Güllner, capo del servizio di comunicazione del Servizio Esterno dell’Unione, nella quale affermava che “i cinesi stanno già minacciando reazioni se il rapporto esce all’esterno” .
Insomma, Bruxelles secondo la ricostruzione avrebbe ceduto alle pressioni di Pechino. Nel corso del briefing quotidiano con la stampa, il portavoce ha spiegato che il SEAE è solito lavorare su un doppio livello di raccolta dei dati e pubblicazione e menziona due documenti: “uno, elaborato ad uso esclusivamente interno (che secondo la Commissione è quello trapelato e anticipato dal NYT) e l’altro speciale rapporto destinato al consumo pubblico”. L’ipotesi che il testo della versione pubblica sia stato “ammorbidito” a causa delle pressioni esterne è “fuorviante” dice con fermezza Stano, il quale sostiene che l’articolo del NYT giunge a conclusioni di fatto errate. Si tratta di due processi di elaborazione e dunque due documenti diversi, aggiunge Stano, “e l’uno non deve necessariamente riflettersi nell’altro”. In questo modo, secondo la Commissione europea, si spiegano le divergenze di natura “non sostanziale” che ci sono tra le due versioni, rilevate dal quotidiano.
“La disinformazione rappresenta una delle peggiori minacce per l’Unione europea” in tempo di Covid-19 e Bruxelles è pienamente “impegnata nel combatterla”. “Chiunque abbia qualche dubbio sulla trasparenza dell’Unione” può riscontrare che in tutti i rapporti pubblicati fino ad ora vengono menzionati direttamente “i casi specifici e gli attori globali (Russia e Cina comprese) coinvolti nella campagna di disinformazione contro l’Unione europea”. Per questo la Commissione europea respinge “ogni tipo di accusa di essersi inchinati alle forti pressioni esterne della Cina”.
Il terzo rapporto del SEAS sulla disinformazione
L’ultimo aggiornamento sulla disinformazione – relativo al periodo 2/22 aprile – è stato pubblicato venerdì sul sito EUvsDisinfo, ideato proprio per il monitoraggio della disinformazione in Europa e nei paesi partner. Il documento, come i due precedenti, riassume e analizza il flusso di informazioni disponibili al pubblico sulla pandemia e continua a rilevare una “spinta continua da parte di alcuni attori, tra cui anche Cina, a deviare qualsiasi colpa per lo scoppio della pandemia” evidenziando invece l’assistenza fornita a molti paesi europei, come l’Italia. Si sottolineano inoltre “prove significative di operazioni cinesi nascoste sui social media”.
Nonostante il loro impatto potenzialmente grave sulla salute pubblica, si legge nel documento, “fonti ufficiali e sostenute dallo stato da vari governi, tra cui la Russia e – in misura minore – la Cina, hanno continuato diffondere narrazioni fuorvianti sia presso l’UE che nel vicinato più ampio”. Per Bruxelles questo tipo di narrazione manipolativa dell’emergenza sanitaria in atto è potenzialmente dannosa per la salute pubblica di tutti e si pone come obiettivo primario quello di minare la credibilità dell’Unione europea come attore politico globale, a discapito di altre potenze emergenti. Bufale e fake news alimentano la sfiducia della popolazione nelle capacità delle istituzioni democratiche europee di fornire una risposta adeguata alla crisi in atto.
La reazione del Parlamento europeo
Intanto, gli eurodeputati del gruppo Renew Europe fanno sapere in una nota di aver indirizzato a Josep Borrell una lettera, chiedendo chiarimenti sulla questione. “La Cina non dovrebbe bloccare la pubblicazione dei documenti dell’UE” sottolinea Bart Groothuis, primo firmatario della missiva ed ex esperto di sicurezza informatica presso il Ministero della Difesa olandese. “Sono profondamente preoccupato dalla notizia, aggiunge, se questo è vero, si tratta di un problema molto grave”.
“L’Europa ha bisogno di stringere rapporti di lavoro con la Cina, ma non saremo partner acritici” sottolinea Hilde Vautmans, coordinatrice di Renew Europe in commissione per gli Affari esteri (AFET) e relatrice sulla Cina. “Abbiamo bisogno di un chiarimento urgente per quanto riguarda le accuse fatte durante il fine settimana”.