Come ormai tutti sanno, l’emissione di eurobond a sostegno della crisi scatenata dal Coronovirus permetterebbe all’UE di ottenere credito fornendo a chi li acquistasse garanzie più solide di quelle che riuscirebbe a dare un singolo Stato membro.
L’ostilità dei paesi del nord a questa che di fatto è una condivisione del debito non mette solo in luce concezioni economiche profondamente diverse ma sta rivelando le pieghe più cupe della mentalità protestante che Max Weber ha descritto così bene nel suo famoso saggio “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”. Dalle parole dell’ex Ministro delle finanze olandese Jeroen Dijsselbloem che nel 2017 insinuò che i paesi del sud spendono tutto il loro denaro in alcol e donne a quelle del suo successore Wopke Hoekstra che ha chiesto alla Commissione europea di avviare un’indagine sul motivo per il quale alcuni Stati membri non dispongono di margine di bilancio per fronteggiare l’emergenza, appare nettamente la visione protestante secondo cui la disgrazia colpisce l’uomo immorale, il peccatore, mentre la grazia divina sorride al giusto che vive secondo i dettami della religione e viene premiato con il successo.
Secondo i probi olandesi noi siamo dunque le cicale che hanno sperperato tutta l’estate e che ora, nell’inverno della pandemia, vengono a chiedere la carità. Il fulcro di questa mentalità è il più estremo individualismo che rende ognuno unico responsabile della propria sorte. Se da un lato questa concezione è un fantastico propellente dell’iniziativa individuale, dall’altro è anche un micidiale meccanismo di annientamento della solidarietà, del senso di comunità, alla fine della carità umana. La forza del capitalismo protestante sta proprio tutta nella spietata concorrenza che scatena fra gli uomini, chiamati a dimostrare, con il loro successo economico, di essere degli eletti, ricompensati da Dio. E chi non ha successo, chi è colpito dal male, nella concezione protestante della vita, sta ricevendo il meritato castigo divino.
In questa condizione ci vedono dunque i rigoristi nordici. Se la pandemia ci sta falcidiando è perché da qualche parte ce lo meritiamo e se loro ne sono risparmiati, è il segno che Dio li ama. Una logica disumana, la degenerazione di quell’umanesimo che invece aveva animato i Paesi Bassi di Spinoza e di Erasmo.
Simon Schama nel suo saggio “La cultura olandese dell’epoca d’oro” racconta una particolare tortura che gli olandesi infliggevano ai loro criminali. Li rinchiudevano in una cella sotterranea che lentamente veniva allagata. I disgraziati potevano salvarsi solo pompando continuamente fuori l’acqua. Una condanna crudele e spietata, dove ancora una volta la salvezza è affidata alla grazia divina: chi ha la forza di pompare e svuotare la cella sopravvivrà. Il debole, l’uomo senza carattere, il malato, perirà. Un altro esempio che ci mostra quanto per gli olandesi ognuno sia responsabile del proprio destino.
Ma questa pandemia, come ha giustamente ricordato il Primo ministro portoghese, definendo “ripugnanti” i propositi di Hoekstra, non bada a presunte differenze etiche, colpisce tutti allo stesso modo e sarà un macabro computo poi fare la classifica dei paesi in grazia di Dio sulla base del numero di morti. Questa vicenda, al di là delle esplorazioni intellettuali che può suscitare, mostra una delle più profonde divisioni dell’Europa, che viene dalla religione senza avere più nulla di religioso.
I moralisti del nord considerano virtuoso il rigore economico di un sistema capitalistico che pure sta distruggendo il pianeta e vedono nell’UE uno strumento per moltiplicare la loro prosperità e ricchezza. Noi pasticcioni del sud non siamo mai riusciti a brillare in ordine e rigore, abbiamo realizzato un capitalismo imperfetto perché inquinato dalla nostra indisciplina e da una diversa forma di individualismo, che non cerca necessariamente il successo ma spesso soltanto la scappatoia a dovere e impegno. In questo siamo certamente le cicale della favola, con l’attenuante che, forse sotto la spinta dell’ideale cattolico della chiesa universale, senza più essere cattolici, siamo animati da un sentimento di fratellanza europea che ci spinge ad immaginare l’UE come un mondo migliore e anche una redenzione alla nostra imperfezione.
In fin dei conti, qui quel che si oppone è l’idea di una comunità di destino come la sentiamo noi e di una comunità di interessi, come la sente un certo nord. Vengono allora alla mente le parole di Leopardi quando nello Zibaldone scriveva: “L’Europa, tutta civilizzata, sarà preda di quei mezzi barbari che la minacciano dai fondi del Settentrione”.