Bruxelles – Riconosce che “è normale”, perché “siamo appena all’inizio” del percorso, ma se è vero quel che recita il noto detto per cui è la prima impressione quella che conta, i negoziati post-Brexit non cominciano affatto bene. E’ fisiologico essere distanti, ma le posizioni appaiono troppo distanti, ci sono “serie divergenze” sui punti considerati come chiave dall’UE e dal suo negoziatore capo, Michel Barnier. E’ lui stesso ad elencare gli ostacoli che già si frappongono tra la conclusione di un accordo sulle relazioni future e il rischio fallimento, da non escludere.
C’è la questione, “per noi importante”, della reciprocità, quella che le parti definiscono ‘level playin-gfield’. Le uguali condizioni su cui il governo di Boris Johnson si è impegnato ma su cui adesso “i britannici non vogliono tradurre questi impegni formali in accordi comuni”. Questo non va bene, per Barnier, che chiude le porte in faccia ai britannici. “Noi vogliamo un accordo ambizioso, ma l’ambizione dell’accordo commerciale dipenderà da quello che vorranno i britannici”. Sempre che l’accordo ci sia.
A complicare non poco le cose la questione della pesca. “Il Regno Unito non vuole che la pesca sia inclusa sull’accordo commerciale, ma vuole un accordo annuale”, da ridiscutere anno dopo anno, fa sapere Barnier. “Questo è impraticabile, perché ci sono cento specie di pesce” e non cinque come la Norvegia. Londra deve cedere. “Sulla pesca la soluzione deve essere equilibrata e deve far parte dell’accordo commerciale, se si vuole un accordo commerciale”.
Per l’Unione europea pesca e reciprocità sono le due questioni fondamentali per un accordo commerciale con Londra. Se non ci si intende su questo difficile andare avanti. Senza contare che “abbiamo un tempo ridotto, perché il Regno Unito non vuole prolungare” il periodo negoziale che invece l’UE “é disposta a prolungare, se i britannici lo chiedono”. Ma non lo chiedono, e allora tutto diventa complicato.
Perché ci sono altre due punti di divergenza. Uno è quello della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, e l’altro è quello relativo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla Corte di giustizia dell’UE. Il governo Johnson non è intenzionato a garantire piena collaborazione nel primo caso, e non ha intenzione di rispettare il testo considerato centrale in materia di protezione dei diritti fondamentali né ha intenzione di seguire i dettami della Corte di Lussemburgo.
Reciprocità, pesca, cooperazione penale e diritti “sono quattro da risolvere se vogliamo fare progressi”, avverte il negoziatore capo dell’UE. Per non parlare della questione della frontiere tra Irlanda del Nord e repubblica di Irlanda. “Il protocollo irlandese è complesso, non lo nego, ma dobbiamo renderlo operativo. Questo diventa urgente, soprattutto per le imprese”. Del resto, “il contesto di questo negoziato è molto esigente”, sottolinea Barnier. Talmente esigente che il team negoziale ha ricevuto disposizioni di “essere pronti ad ogni ipotesi, che ci sia un accordo o no l’1 gennaio 2021”. E’ lo spettro di una hard Brexit che continua ad aleggiare.