Bruxelles – Nessun paese europeo ha ufficialmente chiesto, per ora, la sospensione del trattato Schengen per la libera circolazione a causa del Coronovirus, ma la diffusione dell’epidemia in Italia è tenuta sotto la lente di Bruxelles, dove sono sorti seri dubbi sull’utilità della pratica della quarantena.
“Non abbiamo indicazioni che gli Stati membri europei vogliano reintrodurre i controlli alle frontiere“, dicono fonti UE, sottolineando che “i virus non si fermano alle frontiere”. Gli Stati membri possono, infatti, per ragioni di ordine pubblico o di sicurezza interna, decidere di chiudere i propri confini, semplicemente notificandolo alla Commissione europea. Nessuna possibilità da parte dell’UE di porre il veto su una questione che rientra in pieno nelle prerogative nazionali. È una misura legalmente possibile, specificano dal Berlaymont, ma la considerano “inappropriata” ai fini di ridurre la diffusione del virus entro i confini europei.
A questi livelli di diffusione, misure come l’isolamento quando si è certi di aver contratto il virus si possono considerare più utili. Ancora diverso il discorso sulla quarantena: “Sappiamo – dicono a Bruxelles – che storicamente la quarantena ha svolto un ruolo nel contenere o nel ritardare la diffusione del contagio”. Il problema, però, è che può comportare “un uso consistente di risorse pubbliche” e decidere di metterla in atto significa anche dover tenere in considerazione due problematiche: quando tante persone – che hanno o non hanno contratto il virus, indistintamente – sono messe in stato di quarantena ci sono più probabilità di diffondere i contagi e poi va considerato anche che ci sono “tante persone che invece non sono in quarantena” e che quindi rischiano ugualmente di diffondere il virus, soprattutto dal momento che ormai sempre più paesi al mondo stanno notificando casi di contagio. Per questo, concludono fonti UE, è “improbabile che la quarantena in questo caso possa svolgere un ruolo decisivo” ai fini del contenimento dei contagi all’interno dell’UE.
Quanto alla grande quantità di casi di contagi trovati in Italia nelle ultime settimane, è vero che nel Paese “sono stati effettuati moltissimi test”, anche su chi non presenta i sintomi della malattia, confermano le fonti. Ma è anche vero che i controlli sono stati effettuati anche in altri stati membri, precisano, e quindi l’aumento dei numeri in Italia non può essere solo una conseguenza di un più elevato numero di controlli, come in molti hanno ipotizzato.
Il coordinamento tecnico ed informativo di questa emergenza è affidato al Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc), l’agenzia dell’Unione europea che rafforza le difese dei paesi membri dell’Unione nei confronti delle malattie infettive e che in questo momento sta monitorando la propagazione del Coronavirus. L’Ecdc svolge le proprie attività attraverso una lista di malattie infettive (di cui definisce le caratteristiche specifici in modo che gli Stati membri siano in grado di riconoscerle e combatterle) coordinato con un un sistema di allarme, che si attiva ogni volta che un paese notifica la presenza di un focolaio di contagio. A quel punto l’agenzia valuta di volta in volta il livello di rischio dell’epidemia e può solo suggerire agli stati di mettere in pratica determinate misure di precauzione. Il coordinamento delle attività infatti resta nelle mani degli stati membri.