A cento giorni dalle elezioni, le prime proiezioni danno Verdi e Liberali in calo, Sinistra in crescita. Saranno necessarie nuove alleanze
Il traguardo è ancora lontano: alle prossime elezioni europee mancano cento giorni e tutto, o molto, può ancora cambiare. Ma se si votasse oggi, quale Parlamento uscirebbe dalle urne? Una prima fotografia del possibile emiciclo dei prossimi cinque anni arriva direttamente dal Parlamento europeo che ha raccolto i sondaggi realizzati da uno o più istituti nazionali per ogni Paese e li ha poi elaborati sulla base dei gruppi oggi esistenti.
Le proiezioni tentano innanzitutto di chiarire se la trionfale marcia populista ed euroscettica che molti temono, diventerà effettivamente realtà. Stando alle intenzioni di voto di oggi l’estrema destra dichiaratamente nazionalista e xenofoba riuscirebbe a guadagnare il 5% delle preferenze a livello europeo e di conseguenza, visto il sistema proporzionale, più o meno la stessa quota di seggi nel prossimo Parlamento. La percentuale potrebbe come minimo raddoppiare, se si allarga il gruppo anche ai cosiddetti “euroscettici”, tra cui ad esempio i nostri grillini e gli esponenti della Lega Nord: in questo caso la percentuale dei seggi conquistati dovrebbe attestarsi intorno al 10-12%, più o meno 80 deputati. Non è forse lo tsunami anti-euro di cui si era parlato ma un gruppone di dimensioni considerevoli, formato di tanti eurodeputati quanti sono oggi i liberali, che sono 84 (l’11,4% dei seggi).
Le proiezioni hanno tentato di immaginare anche cosa succederebbe estendendo il conteggio alle altre voci critiche, quei partiti che chiedono meno Europa ma senza predicare un’uscita dall’euro, come ad esempio Forza Italia o i conservatori inglesi. In questo caso si potrebbe arrivare al 16-18% di preferenze. Ma è decisamente improbabile che forze diverse come xenofobi e conservatori possano convivere nello stesso gruppo, per quanto critico nei confronti di Bruxelles, o che Forza Italia lasci il potente gruppo del Partito popolare europeo.
Se è complicato immaginare un unico grande gruppo antieuropeo, è difficile anche pensare che tutte queste forze riescano ad esprimere altrettanti gruppi politici. Per potere esistere, un gruppo deve infatti essere costituito da almeno 25 deputati che provengano da 7 diversi Paesi e questo complica non poco le cose. Se ad esempio Grillo arrivasse a prendere anche il 35% dei voti in Italia, ma non riuscisse a creare un gruppo, finirebbe nel purgatorio dei “non iscritti”, un’accozzaglia di deputati di paesi e fedi diverse, che lavorano ognuno per se, e la cui azione politica nell’europarlamento è sostanzialmente insignificante.
Secondo le proiezioni elaborate dal Parlamento europeo, nel prossimo emiciclo siederanno molti meno liberali di quanti ce ne siano oggi. Potrebbero essere solo una cinquantina, un dato su cui influirebbe in modo particolare il crollo che si prevede per il partito in Francia e in Germania, dove si è dovuta levare la soglia si sbarramento per garantire l’elezione di qualche eurodeputato liberale. Un calo, seppure non così vertiginoso, è previsto anche per i Verdi, mentre dovrebbe uscirne bene la sinistra riunita nel gruppo Gue, data oggi in crescita.
A tenere con il fiato sospeso fino all’ultimo saranno soprattutto i risultati di popolari e socialisti, tra i quali lo scarto, se si votasse oggi, sarebbe minimo. Il Ppe potrebbe attestarsi intorno al 28-30%, superando in voti di poco S&D (data al 25-27%) ma in seggi il centrosinistra potrebbe avere una leggera prevalenza. Questo significa che le nuove forze che entreranno in parlamento, come gli euroscettici, eroderebbero soprattutto il consenso dei Popolari, che perderebbero una quota consistente di seggi rispetto al 36% di oggi. Poco (in meglio) cambierebbe invece per i socialisti che hanno nell’Aula di oggi il 25% delle poltrone.
Insieme i due principali gruppi politici dovrebbero quindi arrivare ad avere il 55% dei seggi: una quarantina in meno rispetto al Parlamento attuale, in cui Ppe e S&D hanno insieme il 61%. Non ci si dovrebbe comunque trovare davanti ad un parlamento “bloccato”, tanto frammentato da essere incapace di esprimere una maggioranza. Non poche cose però dovranno cambiare. In molti dei voti di questa legislatura il centrodestra è riuscito ad averla vinta sui temi economici, mentre la sinistra su quelli sociali, entrambe “alleandosi” di volta in volta con i liberali. Nel prossimo Parlamento però questa maggioranza “classica” potrebbe non esistere più. Già sulla scelta del prossimo presidente della Commissione europea, questa volta indicato dagli elettori sulla candidature offerte dai partiti europei, potrebbe esserci una spaccatura, che non potrebbe non riflettersi anche sugli assetti parlamentari, creando una maggioranza ed un’opposizione stabili, nelle quali giocherebbero un ruolo chiave Verdi e/o i liberali. Ma a seconda del tipo di maggioranza che si formerà i gruppi più grandi potrebbero dover trovare il modo di dialogare con le nuove forze politiche per potere portare a casa i risultati in Aula. Sarà un parlamento nuovo per molti aspetti, e dunque molto interessante.
Letizia Pascale