Roma – Serve un bilancio ambizioso all’altezza delle sfide e l’Italia sostiene la necessità di una svolta per salvare il progetto comunitario. Il Quadro Finanziario Pluriennale europeo 2021-2027 è il traguardo dei prossimi mesi ma per come si è messa la trattativa, i rischi di andare oltre i termini sono reali. In vista dell’appuntamento clou del prossimo Consiglio europeo straordinario del 20 febbraio, in cui gli stati membri sono chiamati a calare le carte, le distanze tra la proposta della precedente presidenza finlandese, quella della Commissione e quella del Europarlamento sono ancora poco compatibili.
Inaccettabile un bilancio pari all’1,07 % del reddito nazionale lordo dei 27 paesi, insufficiente anche la mediazione von der Leyen che si spinge fino al 1,11 %. Per il Parlamento il numero giusto è 1,3 %, ma se i decimali rendono poco chiaro il concetto, “parliamo di soldi, 237 miliardi in meno della nostra proposta” dice il presidente del Parlamento europeo David Sassoli nella giornata dedicata al Bilancio europeo su iniziativa della rappresentanza in Italia dellEurocamera.
Un evento che ha messo a confronto diversi ministri, dal titolare dell’Economia Roberto Gualtieri, a Vincenzo Amendola per gli Affari europei, per il Sud Giuseppe Provenzano, dell’Università Gaetano Manfredi, insieme a manager dell’industria pubblica e privata, eurodeputati, dirigenti di sindacati e organizzazioni di categoria. Attori che con il bilancio del prossimo settennato avranno a che fare e che alle nostre rappresentanze a Bruxelles chiedono più iniziativa una forte pressione per scongiurare i tagli annunciati.
Argomento poco avvincente quello del bilancio e “invece riguarda la vita di ognuno di noi”, dice Sassoli che da subito ha schierato “all’unanimità” il Parlamento nella battaglia per le risorse. “Serve un bilancio all’altezza della sfida, non saremo in grado di uscire da una terribile crisi economica con i vecchi strumenti”. E la nuova strada che “deve essere ancora pavimentata, non deve lasciare indietro nessuno” aggiunge il presidente del Parlamento, che mette la lente sui tagli, dal fondo coesione alla politica agricola fino al fondo sociale che oggi garantisce “un pasto caldo a 14 milioni di persone”. Dunque “le sfide del clima e delle disuguaglianze devono essere risolte insieme, non possiamo permetterci di perdere un solo posto di lavoro”.
Con l’Eurocamera così schierata, il negoziato si preannuncia lungo e difficile, e le conseguenze dei ritardi dei quadri finanziari precedenti restano come monito. “Bisogna trovare un accordo rapidamente ma questo non significa che ne accetteremo uno qualsiasi – dice ancora Sassoli – il Parlamento europeo non darà il suo consenso ad un Quadro Finanziario pluriennale senza ambizione”.
In questo scenario la posizione italiana rivendicata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte non è molto differente. “E’ un momento delicato del negoziato, ma ho già anticipato al presidente (del Consiglio UE Charles) Michel e a Ursula von der Leyen (presidente della Commissione europea) per l’Italia il volume complessivo del bilancio è inadeguato”. “Le sfide complesse come quella del cambiamento climatico non si affrontano gratis e il budget deve consentire di raggiungere gli obiettivi che le stesse istituzioni europee si sono date”.
Sulle regole di bilancio, l’Italia insisterà per ribaltare il Patto e farlo diventare “di crescita nella stabilità e se non si vuole parlare di golden rule, chiamiamola pure green facility, per favorire la finanza pubblica in questa direzione”. Nel sollecitare una proposta ben diversa da quella finlandese, il premier italiano ha detto di condividere l’approccio del Parlamento europeo per definire un budget “attraverso nuove risorse europee senza ulteriori aggravi per gli Stati membri”. Per Conte anche i criteri della proposta sulla politica agricola “sono iniqui e non possono accontentarci”. La “linea rossa” che l’Italia non consentirà di essere superata è quella di un compromesso al ribasso nel quale prevalga la visione miope degli interessi nazionali”.
Non sarà facile convincere il Consiglio a innalzare il budget ma l’Italia è intenzionata a dare battaglia sui due capitoli dove le forbici arriveranno pesantemente: il fondo coesione e la politica agricola. Ma come si spende e quali investimenti dall’European Green deal, alla sfida tecnologica, è il tema che porta direttamente alle nuove regole del patto di stabilità. Anche Gualtieri sostiene “la necessità di un bilancio ambizioso, coerente con i programmi della Commissione”.
Secondo il ministro dell’economia non è solo una questione di numeri ma anche di qualità dei finanziamenti per arrivare poi al cuore del problema. Le regole di bilancio “devono essere adeguate, non si tratta di concedere più spesa ma di consentire strumenti anticiclici anche con stimoli fiscali e un trattamento più favorevole per gli investimenti per l’ambiente e l’innovazione, e mobilitare meglio ciò che abbiamo messo in campo”. Per portare il bilancio ad un livello adeguato ai programmi, Gualtieri richiama anche la necessità di far ricorso alle risorse proprie dell’Unione come l’imposizione fiscale e i dazi per non gravare sempre su contributi dei Paesi membri, “lo dicono i trattati e su questo punto siamo da tempo in palese violazione”.
Approccio al compromesso ma che sia “adeguato alle aspettative” dice anche il ministro Amendola che lancia la sfida al Consiglio europeo straordinario del 20 febbraio, dal quale si capirà la distanza “tra ambizione e realtà”. Un Green Deal che può diventare “non solo leva importante per la crescita dell’Europa ma che può portarla verso una leadership mondiale, vedremo se il bilancio sarà all’altezza”.
L’investimento in formazione, ricerca, tecnologia fa parte dello stesso capitolo della transizione ambientale, spiega il ministro dell’Università Manfredi. “Investimenti e politiche che devono essere in primo piano, perché se non siamo proprietari delle tecnologie chiave anche la sfida ambientale non è più vincente”. Un richiamo ai competitor aggressivi come Cina e Usa che hanno investito molto negli ultimi anni.
Una lezione, quella della sfida tecnologica, ricordata anche dall’amministratore delegato di Telecom Luigi Gubitosi. Colossi “che su questo fronte sono andati molto avanti, che hanno permesso ai più grandi player di crescere aiutati nel caso cinese da politiche pianificate e fiscali negli Stati Uniti”. Anche sul bilancio, lo sguardo non può che portare oltre i confini dell’Europa.