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    Home » Editoriali » L’Europa rilancia sul green, ma dovrebbe occuparsi di finanza

    L’Europa rilancia sul green, ma dovrebbe occuparsi di finanza

    Visioni lontane di Trump e von der Leyen sul clima, una economica e pratica, l’altra forte nel marketing ma debole nei contenuti. Oltre che nell’high-tech, il vero ritardo che gli europei devono colmare è nella finanza

    Virgilio Chelli di Virgilio Chelli
    27 Gennaio 2020
    in Editoriali
    Donald Trump

    L’Europa si rifonda nel Green. Sfogliando a caso uno dei tanti commenti dopo che al Forum di Davos si sono confrontate due visioni molto diverse di come affrontare il cambiamento climatico, quella da solista di Donald Trump e quella del coro diretto da Ursula von der Leyen: ‘l’ambiente è la nuova vocazione dell’Unione, ma per perseguirla fino in fondo dovrà liberarsi dalla sua dipendenza cronica e esclusiva dall’export industriale’. 70 anni fa l’anno prossimo, l’Europa ancora sotto le macerie metteva il primo mattone della ricostruzione creando la CECA, comunità del carbone e dell’acciaio. Solo 6 firme, Francia, Italia e Germania Ovest più i tre del BeNeLux. Sei anni dopo a Roma, insieme ai trattati fondativi della Comunità Economica, nasceva con le stesse 6 firme Euratom, per sviluppare a fini civili e industriali l’energia atomica. L’idea era semplice e grandiosa, mettere al servizio di pace e prosperità il mostruoso potenziale produttivo e tecnologico sviluppato per fare la guerra mondiale.

    SALVARE IL PIANETA VINCE IN OCCIDENTE, MA IL RESTO DEL MONDO HA BISOGNO DI CRESCITA

    L’idea di far rinascere nel segno del Green un’Europa stressata dalla crisi del debito, dall’austerity e orfana della Gran Bretagna è fortissima come marketing, ma non c’è il prodotto da piazzare su un mercato globale della politica e dell’economia ossessionato dalla crescita, anche se il pensiero dominante e ormai praticamente ‘unico’ diffuso dai media nei paesi avanzati ci ripete con ossessione quotidiana che il problema è ‘salvare il pianeta’. I quasi 2,8 miliardi di cinesi e indiani continuano a bruciare carbone e altri fossili per mandare avanti fabbriche e città e costruire infrastrutture, mentre un altro 1,3 miliardi e passa di africani usano ancora in gran parte legna, carbone e perfino petrolio per riscaldarsi e cucinare, in un continente dove il problema dei problemi è la disponibilità di energia elettrica. Se il meccanismo della crescita globale si inceppa, centinaia di milioni di abitanti della terra rischiano di tornare alla povertà quasi assoluta dal semi-benessere appena conseguito.

    LA STORIA LUNGA UN SECOLO DELLE PREVISIONI CLIMATICHE SBAGLIATE

    E in questo mondo l’Europa dovrebbe liberarsi dalla ‘dipendenza cronica’ dalle esportazioni industriali. E per esportare che cosa? Gourmandise e champagne bio? Fashion & Luxury ecosostenibili? Mobili di design rispettosi della Foresta Amazzonica? Turbine per parchi di energia eolica che sul mercato oggi costano 3-4 milioni di dollari a pezzo? E con quali soldi il mondo meno sviluppato potrebbe comprarsi questo Made in Europe delle meraviglie se deve rinunciare a crescere per abbattere le emissioni? La ricetta di Trump sembra più semplice e anche più in sintonia con la modalità con cui l’umanità da sempre affronta e risolve i problemi: gettare il cuore oltre l’ostacolo e puntare tutto sull’innovazione tecnologica, senza escludere il reietto nucleare, tenendo conto che il cammino dell’ultimo secolo è pavimentato di previsioni sbagliate. All’inizio degli anni 1930 notizie di calotte polari che si scioglievano tenevano banco sulle prime pagine dei giornali americani con la previsione di una New York sommersa dalle acque, negli anni 70 il pericolo era il global chilling, anche qui con la previsione sbagliata sempre di New York ingessata dai ghiacci polari.

    INQUINAMENTO PROBLEMA SEMPRE PIU’ SERIO, RISORSE FOSSILI LIMITATE

    Nel 1600-1700 gli olandesi risposero a una serie di catastrofiche inondazioni migliorando drasticamente la tecnologia di dighe e canalizzazione delle acque, con un sistema che ancora oggi funziona a meraviglia. Se avessero cercato di intervenire sul clima per abbassare il livello dell’oceano e ridurre le precipitazioni, oggi sarebbero sicuramente ancora sott’acqua. L’avanzamento scientifico e tecnologico è stato sempre la risposta corretta dell’umanità alle sfide ambientali. I giapponesi hanno risolto il problema dei terremoti costruendo edifici in grado di sopportare le scosse, non gli è mai venuto in mente di fare iniezioni di ‘sostanze calmanti’ alla crosta terrestre. La natura, le cause e la durata del riscaldamento globale sono oggetto di una ricerca scientifica appena iniziata. Invece è sicuro che l’inquinamento di atmosfera e oceani è un problema sempre più serio, mentre fare troppo affidamento alle risorse fossili è rischioso, anche perché sono limitate.

    L’AMERICA CRESCE E VINCE PERCHE’ FA GIRARE I SOLDI, L’EUROPA LI TIENE SOTTO IL MATERASSO

    La parola magica è sostenibilità Ma ha un significato diverso a seconda della lingua di chi la pronuncia. In Tedesco o Francese vuol dire prendere i mezzi pubblici, mangiare bio e fare la raccolta diversificata dei rifiuti. In Pakistano, Indiano o Swahili vuol dire avere abbastanza gente che va a dormire non affamata, magari in abitazioni con l’elettricità e magari con l’acqua che esce dai rubinetti. Se c’è anche quella calda meglio, e meglio ancora se ci sono riscaldamento e aria condizionata. Senza crescita economica e tecnologica non se ne esce. L’America cresce più e meglio dell’Europa perché fa girare i soldi. La rivoluzione tecnologica e digitale degli ultimi 30 anni ha targa americana, e ora anche cinese. L’Europa di soldi ne ha tanti almeno quanto l’America, ma li tiene sotto il materasso, nei conti correnti o negli avanzi di Stato, secondo la nota e folle teoria tedesca dello ‘schwarze null’, il pareggio contabile dei bilanci pubblici.

    FORSE LA PRIORITA’ E’ RICOSTRUIRE L’EUROPA DELLA FINANZA CHE NON SI E’ ANCORA RIPRESA

    Forse non è un caso se la finanza delle banche americane è la benzina che fa girare il mondo mentre quelle europee non si sono ancora riprese dalla doppia botta della Grande Crisi e della Crisi del Debito. Il mercato dei capitali unico non esiste, come non esiste l’Unione Bancaria, e ora anche il polmone finanziario londinese si prepara a uscire dall’orbita europea. Settant’anni fa c’era da ricostruire un’Europa dell’industria, oggi c’è da ricostruire un’Europa della finanza ridotta davvero male.

    Tags: climacrecitafinanzagreen dealrisorsesostenibilitàusa

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