Bruxelles – Il settore alberghiero e ricettivo, insieme al comparto turistico, è la terza più grande attività socio-economica in Europa, con oltre 2 milioni di nuovi posti di lavoro creati tra il 2013 e il 2017. Un segmento dell’industria che contribuisce con il 5 per cento del PIL all’economia dell’UE, secondo quanto rilevato dall’associazione dell’ospitalità europea Hotrec nella sua indagine su come “Attrarre e far rimanere la forza lavoro nel settore dell’ospitalità”.
Sebbene il rapporto parli di un settore che contribuisce in maniera significativa all’economia europea – in termini di contributo al Pil e occupazione – preoccupa il fatto che rispetto alle prospettive di crescita del settore si registra, come accade anche in altri settori industriali, una carenza di competenze. Un’assenza di ‘skills’ di settore che vanno dall’evoluzione dell’accoglienza, all’incidenza delle nuove tecnologie sia sull’erogazione del servizio sia sulle dinamiche competitive, ai nuovi bisogni espressi dalla clientela. Qual è la condizione del comparto alberghiero in Italia? Lo abbiamo chiesto ad Angelo Giuseppe Candido, responsabile del servizio sindacale di Federalberghi, la Federazione delle Associazioni Italiane Alberghi e Turismo.
Eunews – Il rapporto realizzato da Hotrec sulle condizioni del mercato del lavoro nel settore alberghiero sottolinea che il comparto contribuisce con il 5 per cento del Pil all’economia europea, con 2 milioni di nuovi posti di lavoro in 4 anni. Qual è la condizione del mercato in Italia?
Angelo Giuseppe Candido – “Il rapporto Hotrec prende in considerazione l’incidenza del settore dell’ospitalità (alloggio e ristorazione) sul complesso dell’economia europea in termini di contributo al prodotto interno lordo e all’occupazione. Si tratta di un contributo rilevante, poiché il turismo è un settore labour intensive, quindi caratterizzato da un’elevata incidenza del fattore lavoro nel ciclo di erogazione del servizio. Per quanto riguarda l’Italia, il Conto satellite del turismo recentemente (novembre 2019) diramato da Eurostat, evidenzia un’incidenza delle attività turistiche sul PIL pari al 4 per cento – a fronte di una media europea (EU-28) del 3,4 per cento – ma soprattutto un contributo all’occupazione pari a 4,2 milioni di unità, che colloca il nostro Paese al vertice della classifica per quanto riguarda i posti di lavoro connessi al turismo”.
E. – Il settore è però messo di fronte a nuove sfide. Il rapporto menzione una “grave carenza di competenza” della forza lavoro impegnata nel comparto alberghiero. Quali sono le “skills” che vengono richieste e che non si trovano?
A. Candido – “L’Unione europea è la principale meta turistica del mondo e senz’altro il luogo dove l’offerta turistica è maggiormente qualificata in termini di strutture e di servizio. Questa premessa è doverosa per comprendere a cosa la ricerca si riferisce quando evidenza una grave carenza di competenze. Occorre guardare a questo dato in termini dinamici, e quindi riferirlo alle prospettive di crescita del settore e alle principali tendenze, rispetto alle quali si registra evidentemente una carenza di competenze. Mi riferisco in particolare all’evoluzione dell’accoglienza, all’incidenza delle nuove tecnologie sia sull’erogazione del servizio sia sulle dinamiche competitive, ai nuovi bisogni espressi dalla clientela. In questi campi c’è sicuramente un ampio margine di crescita in termini di professionalità e di opportunità di lavoro”.
E. – Quanto pesa una manodopera poco qualificata sul Pil e sulla crescita del settore?
A. Candido – “In termini generali il ricorso a manodopera poco qualificata si ripercuote sulla qualità del servizio reso e quindi sulla competitività dell’impresa. A livello aggregato ciò comporta una minore attrattività della meta turistica o – in casi gravi – della destinazione paese. Realisticamente, è difficile quantificare la perdita economica derivante dalla carenza di competenze. Per quanto detto prima, potrebbe essere utile riferirsi all’aggiornamento e all’adeguamento del patrimonio tecnico-professionale degli addetti. In questo caso, occorre fare riferimento alla disponibilità individuale e collettiva all’aggiornamento professionale continuo, che garantisce anche l’occupabilità degli addetti, cioè la loro capacità di trovare collocazioni lavorative soddisfacenti a adeguate al loro livello di professionalità”.
E. – La carenza di lavoratori qualificati ha ripercussioni sulla quantità di posti di lavoro vacanti nel settore?
A. Candido – “Le difficoltà di reperimento di manodopera qualificata, imputabili anche alla insufficiente operatività della rete dei servizi per l’impiego in Italia, ha ovviamente ripercussioni sui posti di lavoro vacanti. A tale difficoltà si ovvia attraverso un processo di “adattamento” dei fabbisogni di professionalità ossia delle posizioni richieste alle disponibilità espresse dal mercato. A titolo esemplificativo, la difficoltà di reperimento nella classe professionale degli “addetti all’accoglienza nei servizi di alloggio e ristorazione” è stimata nell’ordine del 23 per cento”.
E. – La mancanza di sviluppo delle competenze professionali è legata al fatto che in Europa il settore sia composto prevalentemente da microimprese?
A. Candido – “Il settore turismo è incentrato sulle imprese di piccole o piccolissime dimensioni. Si tratta di una caratteristica peculiare che a ben vedere costituisce il tratto costitutivo, la forza dell’accoglienza e dell’ospitalità europea, cioè la sua varietà e la sua irriducibilità rispetto alla standardizzazione dell’offerta. La ridotta dimensione, il minor potere contrattuale nei confronti dei fornitori, la maggiore dipendenza dal capitale di credito comportano ovviamente una serie di ricadute in termini di diseconomie di scala (ovvero l’aumento della dimensione aziendale provoca un aumento del costo marginale dell’output e quindi del costo medio della produzione, ndr) e di maggiore incidenza dei costi per questa categoria di imprese, sia che si tratti di oneri burocratici sia che si tratti – nel caso prospettato – dei costi relativi all’aggiornamento professionale degli addetti. Ciò non significa che l’eventuale deficit di competenze professionali sia addebitabile alla composizione del settore, ma piuttosto che non si è ancora trovata la giusta modalità per consentire al nucleo fondante delle economie di numerosi paesi europei un’azione di manutenzione e di sviluppo delle conoscenze e competenze legate al mondo del lavoro”.
E. – Al momento qual è la situazione degli investimenti nel settore dell’ospitalità in Europa e in Italia?
A. Candido – “Come prima ricordato, l’Europa è la prima destinazione turistica al mondo e, in questo contesto, l’Italia rappresenta una meta ambita.Dal punto di vista degli investimenti in strutture turistico-ricettive, la tendenza consolidata prevede un incremento del numero delle stanze e della dimensione media delle strutture e un incremento del livello qualitativo dell’offerta. Accanto alle forme tradizionali di ospitalità si rileva l’aumento esponenziale delle locazioni brevi ad uso turistico legate alla c.d. sharing economy (l’economia collaborativa, ndr), che stanno modificando il tessuto urbano delle città. Con riferimento a questo fenomeno è necessario rimarcare la necessità di un sistema di regole condiviso a tutela dei consumatori e a garanzia del corretto articolarsi della concorrenza tra gli operatori di mercato”.