Lo denuncia la Commissione europea nella relazione diffusa oggi. Da dicembre rischio infrazioni
Gli stati membri dell’Ue hanno preso un chiaro impegno per garantire l’attuazione delle norme comunitarie in tema di detenzione in un altro paese membro, ma nella pratica questo processo è ancora in alto mare: appena dodici paesi su ventotto hanno recepito e attuato tutti i tre testi che compongono la legislazione in materia, e per gli altri, se la situazione non cambia, a dicembre rischia di scattare l’avvio della procedura d’infrazione. Un pericolo da cui non è immune l’Italia. E’ quanto emerge dalla relazione della Commissione europea, che esamina l’attuazione di tre decisioni quadro dell’Ue sulla gestione dei condannati che si trovano in altri stati membri diversi da quello di origine. Le norme sulla detenzione è composta da tre diversi testi: uno sul trasferimento dei detenuti, un secondo sulla sospensione condizionale e le sanzioni alternative, e una terza sull’ordinanza cautelare europea. Una volta applicate questi tre testi consentiranno di eseguire le norme in materia in un paese dell’Ue diverso da quello che ha emesso la condanna o nel quale la persona è in attesa di giudizio.
Le tre normative quadro risalgono al 2008, e agli stati membri veniva concesso tempo per la loro attuazione, rispettivamente, fino al 5 dicembre 2011, al 6 dicembre 2011 e all’1 dicembre 2012. A oggi, però, meno della metà degli Stati hanno attuato le normative (Austria, Croazia, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria), e si registrano casi di paesi che non hanno attuato nessuna delle tre decisioni (Cipro, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda, Lituania, Portogallo, Spagna e Svezia). L’Italia, allo stato attuale, ha fatto scattare nell’ordinamento nazionale solo la prima delle tre decisioni, quella relativa al trasferimento dei detenuti. Il Belgio, tra i ventotto, è invece il solo paese ad aver attuato due decisioni su tre (sul trasferimento dei detenuti e sulla sospensione condizionale e le sanzioni alternative).
Ci sono, in sostanza, ritardi che la Commissione europea invita a recuperare. “Gli Stati membri che non l’abbiano ancora fatto adottino il prima possibile misure atte a garantire la piena attuazione delle tre decisioni”, il messaggio lanciato da Bruxelles. UN messaggio accompagnato da un avvertimento: dall’1 dicembre 2014 la Commissione avrà il potere di aprire procedure d’infrazione. Da un punto di vista giuridico l’esecutivo comunitario non può agire prima di quella data in quanto si tratta di atti adottati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Ma con l’arrivo di dicembre arriveranno anche nuovi margini di manovra. Per i paesi membri, insomma, è l’ultima chiamata. Poi sarà rischio infrazioni, al plurale. C’è un altro piccolo avvertimento che arriva da Bruxelles: la relazione pubblicata oggi “si limita a fare un bilancio preliminare sull’attuazione delle tre decisioni quadro negli Stati membri, non potendo valutare la qualità dell’applicazione dal momento che la metà degli Stati membri non ha ancora provveduto a attuarle”. Ciò vuol dire che poi la Commissione avvierà il monitoraggio sulla corretta attuazione, altro campo dove sono previste infrazioni in caso di irregolarità.
Renato Giannetti