Bruxelles – Ne abbiamo scritto spesso, i nostri lettori sono informati passo per passo: il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea è lontano dall’essere approvato, e questo causerà ritardi nella partenza dei programmi, nella partenza degli investimenti, nella credibilità dei governi. Tutti elementi che penalizzeranno, in misura inversa, le zone più in ritardo e quelle più sviluppate dell’Unione.
Lo spiega bene un paper diffuso ieri dall’European Policy Centre, uno dei think tank più prestigiosi di Bruxelles, e curato dalla ricercatrice Marta Pilati.
Visto che il Consiglio europeo della scorsa settimana non è riuscito a sbloccare la situazione, e non si è fatto neanche un passo avanti nella definizione di quantità e obiettivi, “è chiaro che un accordo sul nuovo bilancio dell’UE sarà molto difficile da raggiungere all’inizio del 2020 – afferma lo studio -, il che significa che i programmi dell’UE non inizieranno prontamente nel 2021, come previsto e che la loro attuazione sarà ritardata”.
Tuttavia, questa volta, afferma Pilati, le conseguenze di un accordo raggiunto in ritardo, a 2020 inoltrato “andranno molto oltre: sono in gioco il funzionamento istituzionale dell’UE, la credibilità politica e le condizioni economiche e di investimento”.
Per sorvolare sull’improbabile, ma non impossibile, rinvio della fine della fase transitoria della Brexit, che dovrebbe terminare al dicembre del prossimo anno, ma che se non lo facesse costringerebbe a fermare tutto il Quadro eventualmente disegnato per inserirci le quote di partecipazione britannica. Altro tempo perso, altri ritardi inevitabili.
Il QFP (o MFF se si sceglie la sigla in inglese) deve essere approvato all’unanimità dal Consiglio europeo e poi approvato dal Parlamento europeo, assegnando in tal modo un potere di veto a ciascuno Stato membro. “Con l’incentivo di mantenere posizioni negoziali il più a lungo possibile e forti differenze tra posizioni nazionali – sottolinea Pilati -, un accordo non è ancora in vista. La situazione diventerà ancora più complessa se il periodo di transizione della Brexit si prolungherà oltre il dicembre 2020”.
Il bilancio dell’UE è uno strumento di investimento decisivo per l’economia dell’Unione. Le sue dimensioni sono relativamente piccole, si parla di circa l’uno per cento del reddito nazionale lordo degli stati nei sette anni, un migliaio di miliardi, ma, spiega lo studio dell’EPC, “mobilita centinaia di miliardi di euro e lancia ulteriori investimenti privati e pubblici. Inoltre, la sua tempistica a medio termine è apprezzata per garantire stabilità e prevedibilità degli investimenti”. La mancata attuazione dei programmi nel 2021 aggraverebbe dunque l’attuale rallentamento economico e l’incertezza causata dall’aumento delle tensioni commerciali. “Questa incertezza – ammonisce Pilati – si diffonderebbe anche alle operazioni della Banca europea per gli investimenti (altra fondamentale fonte di finanziamenti per gli imprenditori, ndr), molti dei cui strumenti si basano su una garanzia a carico del bilancio dell’UE”.
Gli attori economici, compresa l’industria, “fanno affidamento sulle informazioni della leadership politica per guidare le loro decisioni di investimento. In particolare, la transizione verso l’economia verde e nuovi settori e tecnologie richiederà ingenti investimenti e certezza del quadro normativo. Ritardi o mancato accordo sul QFP – conclude lo studio – porteranno a incertezze nel contesto imprenditoriale, che potrebbero ostacolare la crescita degli investimenti”.