Roma – Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte replica punto su punto alle contestazioni della Lega e di Fratelli d’Italia. Ma sul MES lo scontro resta e Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ribadiscono: “il governo mente, il fondo salva Stati mette a rischio i risparmi degli italiani”.
L’informativa chiesta nei giorni scorsi dopo gli allarmi sollevati non porta novità se non l’occasione per il premier di rispondere all’accusa di non aver coinvolto il Parlamento sulla riforma del Trattato. Lo fa citando una lunga sequenza di atti delle commissioni e delle aule di Camera e Senato, fin dall’inizio del negoziato. Date e luoghi a cominciare dal dicembre del 2018, in piena era del governo gialloverde, con l’ex ministro Paolo Savona che nelle due relazioni presentate al consiglio dei Ministri, dava un giudizio favorevole sul compromesso raggiunto, avvertendo che era necessario migliorare solo alcuni aspetti. Relazioni che poi sono state puntualmente approvate dalle Camere, così come le informative del premier prima degli Eurosummit e delle riunioni dell’Eurogruppo. Dunque tutto era noto ai ministri e al governo precedente, risposta che il premier manda alla Lega e alle opposizioni ma anche al Movimento 5 Stelle che oggi riscopre la vocazione critica al meccanismo di stabilità europeo e chiede di rinviare tutto.
“Consegno gli allegati con il sostegno documentale a questa mia ricostruzione” ha detto il premier secondo cui “nulla è stato ancora firmato”. Dunque le accuse infamanti di “alto tradimento, rappresentano un comportamento gravissimo da parte delle opposizioni”. Non meno grave di “aver alimentato e inquinato il dibattito politico con false e allarmate notizie” su inesistenti rischi per i risparmiatori italiani. “Accuse senza scrupoli, che sono indice di spregiudicatezza politica per guadagnare facile consenso”, ha replicato duramente Conte.
Meloni a Montecitorio e Salvini al Senato, insistono sul “governo che mente e che si sarebbe piegato all’Europa per conservare la poltrona”, descrivendo ancora la riforma del MES come una morsa sull’Italia “a vantaggio delle banche tedesche e francesi”. Il capo della Lega punta continuamente il dito contro Conte, dai banchi accanto si innalzano cartelli e parte la gazzarra: è il segno che sul merito della vicenda l’interesse è minimo, molto di più, invece, la polemica e le invettive.
L’unica novità emersa dal dibattito nelle due aule è stata l’esigenza di un ulteriore riflessione, un rinvio, come chiede il M5S, una trattativa più serrata per portare a casa l’approccio “a pacchetto” con l’unione bancaria e lo schema europeo dei depositi, già inserito nel Consiglio europeo di giugno. Riflessione più approfondita chiesta anche da Forza Italia, da Liberi e Uguali e in parte anche da alcuni esponenti del PD che insistono nel portare avanti la riforma utile alla stabilità dell’Unione monetaria.
La richiesta di un rinvio è rimbalzata informalmente subito a Bruxelles dove si sta preparando la riunione dell’Eurogruppo che ha sul tavolo la bozza del Trattato con le modifiche. Ora i riflettori si accendono sugli “annex” gli allegati a cui sono rimandati alcuni articoli rilevanti come i criteri di concessione del debito o la valutazione delle clausole di azione collettiva (Cacs), che potrebbero essere oggetto di un ultimo negoziato. Una conferma su “alcune questioni della legislazione secondaria su cui stiamo ancora discutendo e facendo buoni progressi” arriva proprio da alcune fonti, quei funzionari che stanno preparando la riunione dei 19 ministri finanziari, i quali però escludono che si possa “riaprire il Trattato chiuso con l’accordo di giugno”. La firma potrà slittare di alcuni mesi ma riaprire il negoziato, e rimettere in discussione i passi in avanti raggiunti, rappresenta un pericolo anche per l’Italia. Un orientamento che sarebbe condiviso dal ministro Gualtieri che però sosterrà la battaglia sui dettagli ancora in discussione, e sarebbe pronto a condurre una trattativa forte sul pacchetto, per strappare miglioramenti al testo sull’unione bancaria eliminando la ponderazione dei titoli di Stato nei bilanci delle banche e delle assicurazioni.