Bruxelles – Ringrazia lo staff per la mole di lavoro prodotto, ringrazia la stampa per le domande poste in questi anni, “espressione di trasparenza” su materie comunque non semplici. Mario Draghi saluta. Lascia la guida della Banca centrale europea dopo otto anni. Presiede per l’ultima volta il consiglio dei governatori della BCE, e riserva una parte della tradizionale conferenza stampa di fine riunione per i rituali di commiato.
Ringrazia e saluta al termine di un periodo non semplice. La crisi del debito ellenico, gli scossoni provocati all’Eurozona da Brexit, tensioni commerciali, crisi internazionali, scontro con i governi, alcuni in particolare. Ma l’Area euro ha tenuto, anche e soprattutto grazie alle scelte compiute da Draghi in questi anni. Scelte considerate a volte eccessive, ai limiti del suo mandato. Ma lui è sempre andato avanti per la sua strada, senza tentennamenti né ripensamenti, nel rispetto del suo personale credo che lo ha voluto sempre determinato ad aiutare la moneta dell’UE “ad ogni costo”.
E’ nel rispetto di questo principio, “whatever it takes” (“ad ogni costo”, appunto) che Draghi ha assolto il suo compito di faro illuminante dell’Eurotower, arrivando a lanciare, una serie di politiche mai viste prima in Europa. Il programma di transazioni monetarie (OMT), con cui la BCE ha acquistato obbligazioni sovrane a determinate condizioni per garantire che i governi potessero rifinanziarsi e, così facendo, rifinanziare le banche perché queste potessero concedere crediti e stimolare l’economia reale.
Poi a inizio 2015 il vasto programma di acquisto di titoli pubblici senza precedenti. Il Quantitative Easing (QE) è arrivato ad una portata di acquisti di 80 miliardi di euro al mese. Doveva essere a termine, ma il deterioramento del contesto internazionale ha spinto Draghi a riattivare il meccanismo. A partire dal primo novembre, quando Draghi non sarà più alla guida della BCE, l’istituzione comunitaria riprenderà a pompare liquidità al ritmo di compere di bond per venti miliardi al mese.
“Mi sento come una persona che ha cercato di rispettare il mandato nel modo migliore possibile. Questo e’ parte della nostra eredità: non mollare mai”. Draghi sintetizza così il suo mandato. Lascia consapevole di aver assolto il suo compito al massimo delle sue possibilità, e di lasciare un’Eurozona forse non proprio stabilizzata, ma certamente salva. Una lezione anche per colei che è chiamata a raccogliere il testimone di otto anni di politiche monetarie, anche se Draghi assicura di non avere lezioni da dare a Christine Lagarde. “Non c’e’ bisogno di consigli, lei sa perfettamente quello che deve fare e comunque ha un lungo periodo davanti a sé in cui potrà formare la sua visione, insieme al consiglio direttivo, su che cosa fare”.
Lui, Draghi, invece cosa farà? Accetterà la candidatura alla presidenza della Repubblica? Non lo dice. “Semplicemente non lo so, l’ho detto molte volte. Non ho idee su questo, ma se volete più informazioni chiedete a mia moglie. Lei lo saprà. Lo spero…” E’ questa l’unica preoccupazione di Draghi, espressa con una battuta che raccoglie i sorrisi dei presenti. Una cosa la sa, e non è una cosa da poco. “Oggi in Italia tutti riconoscono che l’euro è irreversibile e la sua popolarità è cresciuta, è alta come non mai”. I progetti di Lega e Movimento 5 Stelle di indire referendum sulla moneta unica (dal valore giuridico nullo, peraltro, perché la Costituzione italiana non li ammette per i trattati internazionali) per introdurre la nuova Lira o valute alternative, sono messi nel cassetto. Una certezza che fa il bene dell’Eurozona, specie in tempi di turbolenze. “Il principale rischio è quello di una recessione economica, sia globale, sia nella zona euro”. Ecco allora la validità del suo messaggio per i mesi e gli anni a venire. “Non mollate mai”.