Bruxelles – La faccenda inizia a essere complicata. Dopo che ieri il capo negoziatore europeo per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, Michel Barnier, ha reso nota l’indisponibilità del Parlamento ad accogliere le proposte di recesso avanzate da Boris Johnson, oggi sono arrivate altre due stoccate. Quelle del Presidente del Comitato economico e sociale europeo (CESE), Luca Jahier, e del Presidente del gruppo Brexit Follow-up, Stefano Mallia.
Il motivo? Sempre lo stesso: così formulate, le proposte del premier britannico non pongono le basi per un accordo con l’Ue. “Come CESE, sede della società civile europea, siamo preoccupati di non avere più tempo per una Brexit regolare, che dovrebbe essere, invece, l’assoluta priorità”, ha detto Jahier. “Da molto tempo sosteniamo che una Brexit senza accordo avrebbe un impatto molto negativo sia sul Regno Unito che sull’Ue, poiché colpirebbe soprattutto le società civili di entrambi”, ha aggiunto. Poi l’invito alla prudenza, stavolta di Mallia, che paventa un mutamento dei rapporti tra lo Stato insulare e l’Unione, se l’esito delle trattative fosse un no deal: “Il Regno Unito è da 45 anni uno Stato membro dell’Ue ed è questo il fondamento del loro speciale rapporto, che la CESE, in quanto rappresentante della società civile organizzata, intende preservare. Dobbiamo impegnarci a costruire le basi affinché i rapporti tra europei e britannici proseguano anche dopo la Brexit”.
Johnson ha comunque ancora (poco) tempo per proporre alternative valide a quelle già sottoposte all’Ue. E la speranza che riesca a trovarle in tempo – sostengono Jahier e Mallia – non è ancora venuta meno.