Bruxelles – I giovani europei hanno ricominciato a votare. Più di tutti, stando ai risultati dell’indagine Eurobarometro post-elettorale, uno dei più completi sondaggi qualitativi sulle ultime elezioni europee.
Lo studio, commissionato a giugno dal Parlamento europeo, mostra che l’aumento dell’affluenza alle urne registrato lo scorso maggio (50,6%, la più alta dal 1994) è dipeso in buona parte dall’iniziativa dei giovani europei. In particolare, degli under 25 (14 per cento di votanti in più rispetto al 2014) e del range anagrafico 25-39 (12 per cento in più dal 2014). Da 5 anni a questa parte, sono 19 gli Stati dell’Ue che hanno visto aumentare la partecipazione al voto dei loro cittadini. Colpiscono in particolare Polonia, Romania, Ungheria, Austria, Spagna e Germania, nonché la Slovacchia e la Repubblica Ceca, dove l’affluenza alle urne è tradizionalmente molto bassa.
“L’aumento molto significativo della partecipazione alle elezioni europee di maggio dimostra che i cittadini, soprattutto le giovani generazioni, apprezzano i loro diritti democratici e credono che l’Unione europea sia più forte quando agisce all’unisono per rispondere alle loro preoccupazioni”, ha commentato David Sassoli, Presidente del neoeletto Parlamento.
Ma quali sono le motivazioni di un’impennata così evidente? Per il 22% degli intervistati è stata la Brexit il fattore che più ha influenzato la scelta di andare a votare. Spicca poi il senso civico, movente comune alla maggior parte degli elettori, insieme a una fiducia crescente nel fatto che il voto “possa davvero cambiare le cose”. A livello europeo sono due i principali motori del voto: l’economia e la crescita (44%) e i cambiamenti climatici (37%), con la prima in testa all’elenco delle motivazioni in 16 Paesi e il clima in 8.
Dati che fanno luce non solo sull’accresciuto senso civico dei giovani elettori, ma anche sulla loro maggiore attenzione all’Europa e alle istituzioni. Europeisti under 30 che vanno a votare “significano ancora più legittimità conferita al Parlamento europeo”, ha dichiarato Sassoli. E una nuova fiducia nella coesione tra Paesi: più dei due terzi degli intervistati sostiene che la propria nazione abbia beneficiato dall’adesione all’Ue, il livello più alto registrato dal 1983. Un’Unione che trae linfa vitale dagli sforzi di tutti i suoi membri, senza annullarne le singole voci. La pensa così la metà degli europei (56%), concorde sul fatto che la loro voce conta davvero nell’Ue, con un aumento di sette punti da febbraio-marzo 2019 e il risultato più positivo per questo indicatore dal 2002.
L’elemento più incoraggiante emerso dal sondaggio è che la partecipazione più numerosa alle elezioni europee è venuta da cittadini che non sempre o tradizionalmente votano, poiché la percentuale di chi sostiene “di votare sempre” è diminuita di 6 punti rispetto al 2014.