Bruxelles – Armi, ancora loro. Mentre negli Stati Uniti il presidente Trump valuta ritorsioni militari ai danni dell’Iran, se il suo coinvolgimento negli attacchi ai giacimenti petroliferi dell’Aramco, in Arabia Saudita, venisse confermato, il Consiglio europeo torna a farsi sentire sull’Arms Trade Treaty. E lo fa con veemenza.
Agli Stati dell’Ue si rinnova l’invito “alla cooperazione per impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna o per l’aggressione internazionale, nonché per contribuire all’instabilità regionale”. La sicurezza comune è uno dei baluardi della politica estera dell’Unione ed è quanto mai urgente che i suoi membri rispettino “gli standard comuni” per la gestione del trasferimento di tecnologia militare e armamenti.
L’intervento del Consiglio europeo mira a ribadire i vincoli fissati, per tutti i Paesi dell’Ue, dal Trattato sul commercio delle armi (2014), il primo accordo globale che regolamenta l’uso di molte armi convenzionali, sottoscritto da 104 Paesi nel mondo. Fissando vincoli stringenti allo scambio internazionale di armi, il trattato mira a ridurne il commercio illecito, prevenendo i problemi derivati da trasferimenti illegali e irresponsabili e promuovendo un dialogo trasparente tra gli Stati interessati alle transazioni.
Duramente criticato da Trump per la sua tendenza “coercitiva” rispetto alla libertà di ogni Paese di determinare autonomamente la propria politica militare, il trattato limiterebbe anche la potenziale azione trasgressiva del presidente, essendo stato firmato, nel 2014, anche dagli Stati Uniti. E nel crescendo di tensioni tra America e Medio Oriente cui stiamo assistendo, l’invito del Consiglio europeo a difendere “la sicurezza e la responsabilità” è quanto mai attuale. La sicurezza è una priorità mondiale, non solo europea.