Bruxelles – Per la prima volta nella storia ci sarà una donna a guidare la Commissione europea. Ursula von der Leyen è stata eletta dal Parlamento europeo. Ha voluto andare al voto nonostante le incertezze che hanno accompagnato l’esito fino all’ultimo minuto. Von der Leyen ha cercato il sostegno dell’Aula del Parlamento, e alla fine l’ha trovato, anche se sul filo del rasoio.
Non ha avuto il sostegno ‘pieno’. Anzi. E’ passata per nove voti. L’esito parla di 383 favorevoli, 327 contrari, 22 astenuti, 1 scheda nulla. Il voto a scrutinio segreto produce un’Aula fortemente divisa e spaccata. Lo dimostrano anche i ‘franchi tiratori’ all’interno della maggioranza a tre – popolari (PPE), socialisti (S&D) e liberali (RE) – che pure avrebbe dovuto sostenerla. Insieme le tre formazioni contano 444 seggi, che non si sono però tradotti in voti.
A von der Leyen sono mancati i voti dei socialisti tedeschi (16), dei socialisti francesi (5), dei liberali olandesi (6). Gli ungheresi di Fidesz (13), ufficialmente ancora membri del PPE ma con la membership congelata per le questioni legate al mancato rispetto dello Stato di diritto, non hanno mai espresso un parere positivo durante il dibattito che hanno accompagnato il voto. Senza questi voti comunque il totale farebbe 404 voti, ma all’appello ne mancano altri 20.
Alla fine risultano decisivi i voti del Movimento 5 Stelle (14 europarlamentari) e dei conservatori polacchi di Diritto e Giustizia (PiS, 26 seggi), che sono all’ultimo momento hanno rotto gli indugi annunciando, a sorpresa, il sostegno per la presidente designata.
I pentastellati meritano però un discorso a parte. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva assunto l’impegno di sostenere Ursula von der Leyen. I 5 Stelle non potevano sconfessare il capo di governo, e sono stati ai patti. Quello che invece non ha fatto la delegazione della Lega, che ha votato contro. Resta però il debito nei confronti degli euro-critici italiani, così come per la destra polacca al centro di procedure per gli attacchi allo Stato di diritto.
Il patto ‘a tre’ non è stato rispettato da molti, troppi, all’interno della sedicente maggioranza che perde la prova dell’Aula. Politicamente parlando la nuova Commissione europea parte male. Ursula von der Leyen non è l’espressione della maggioranza che l’ha incoronata in Consiglio europeo, ma il frutto di una maggioranza variegata, con pezzi di ogni partito. Il primo grande compito della prima donna della storia alla testa dell’esecutivo comunitario sarà quello di lavorare per guadagnarsi i voti ‘amici’ venuti a mancare oggi.
Dovrà soprattutto ricucire lo strappo consumato con i Verdi, grandi assenti nel voto di Strasburgo. La truppa ‘green’ (74 seggi) ha tenuto fede agli impegni di votare contro la presidente designata. Dovrebbe aver fatto breccia solo nei 3 componenti scozzesi che siedono nel gruppo. Gli altri sono tutto da conquistare, attraverso l’agenda e le proposte concrete che von der Leyen sarà chiamata a mettere sul tavolo.
La Sinistra Unitaria (GUE), che ha votato contro l’adesso neo-presidente dell’esecutivo comunitario, parla di risultato “umiliante”. C’è del vero in questa analisi estremamente sintetica. Von der Leyen è passata per una manciata di voti, non ha saputo trovare il sostegno neppure dei suoi. Di certo non il miglior bigliettino da visita politico. La nuova Commissione europea parte, e questa è una buona notizia. Ma parte male, e questa non è una buona notizia.