Bruxelles – Non sembrano mettersi bene le cose per Ursula von der Leyen. La presidente designata della Commissione UE non fa breccia nei parlamentari europei, e questo non l’aiuta nel delicato voto che dovrebbe incoronarla capo dell’esecutivo comunitario. Ci mette del suo, promettendo tutto a tutti, con il risultato che nessuno è veramente soddisfatto. Anzi. Promettere tutto a tutti equivale ad avere impegni contraddittori, e i malumori, da destra a sinistra, sono diffusi. C’è il sospetto che possa dire tanto per fare molto poco.
Ai conservatori (ECR), che von der Leyen ha incontrato ieri, ha promesso il potenziamento delle politiche di controllo delle frontiere, senza assumere impegni su ricollocamenti obbligatori. Una promessa che stride con le esigenze di altri gruppi. Sullo Stato di diritto però non avrebbe convinto i polacchi di PiS, e questa tutto sommato è una nota a merito della candidata.
L’assenza di una linea ferma e risoluta le viene contestata dai liberali (RE), che ha incontrato oggi. Il presidente del gruppo, Dacian Ciolos, lega il voto favorevole dei liberali a due priorità: von der Leyen deve fare di Margrethe Vestager una “vicepresidente della Commissione europea di pari livello al socialista Frans Timmermans”, qualunque sia il portafoglio che deciderà di darle, e prevedere un meccanismo per la tutela dello Stato di diritto, “con sanzioni” in caso di mancato rispetto. Senza queste condizioni, “il nostro voto non può essere dato per scontato”, avverte il liberale.
La candidata designata non viene approvata neppure dai socialdemocratici. “E’ stato molto deludente”, la reazione della delegazione italiana, quella del PD, che potrebbe unirsi ai tedeschi e agli spagnoli del gruppo S&D che potrebbero far mancare i loro voti al via libera a von der Leyen. La capogruppo Iratxe Garcia Perez chiede più garanzie sul programma. Cambiamento climatico, inclusione sociale, immigrazione e parità di genere: qui si attende di sapere cosa vorrà fare la presidente designata se dovesse ottenere l’incarico per guidare la Commissione europea.
Non si mette bene. Liberali e socialisti non sono rimasti entusiasti. Von der Leyen ha cercato allora sponde tra i verdi, dicendo che “la CO2 deve avere un prezzo”, e che “l’impronta di carbonio netta zero entro il 2050 resta un obbligo”, ma non le ha trovate. “L’audizione è stata deludente”, afferma la co-presidente del gruppo Ska Keller. “non abbiamo sentito nessuna proposta concreta, sullo stato di diritto o sul clima”, ha aggiunto, annunciando che “siamo stati eletti per un cambiamento e non vediamo come il cambiamento sia possibile con questa candidata, voteremo contro Ursula von der Leyen come presidente della Commissione”.
La ministra della Difesa tedesca ha quindi voluto ingraziarsi i socialisti e la sinistra radicale, quando ha detto di “volere un salario minimo in tutta Europa”. Ma i verdi erano già andati oltre. Il gruppo fa sapere di aver chiesto conto di Fidesz, membro ungherese del PPE la cui partnership è congelata. Alla domanda precisa sull’eventuale espulsione, “non c’è stata una risposta chiara”, lamenta il gruppo, con la tedesca Terry Reintke che chiosa: “Una non risposta è una risposta”.
Ursula von der Leyen sa bene che tutti i voti conteranno, e quelli del “suo” gruppo del PPE, per quanto annunciati, non è detto che arrivino tutti. Dunque mercoledì incontrerà anche la sinistra GUE e i 14 deputati del Movimento 5 stelle. La situazione però è critica anche perché laddove non ci mette del suo a complicare le cose, ci pensano i parlamentari. Mentre la presidente designata incontrava i gruppi, le commissioni erano chiamate ad eleggere presidenti e vicepresidenti. Il cordone sanitario anti-sovranista ha retto, e dunque a salvinisti e lepeniani non è toccato niente. Reclamavano due presidenze e nove vicepresidenze.
I conservatori non hanno digerito lo ‘scippo’ della vicepresidenza del Parlamento europeo. Gli atri gruppi hanno preferito Fabio Massimo Castaldo, M5S, un non-iscritto, al candidato dell’ECR. Oggi all’ECR è stato impedito di prendere la presidenza della commissione Lavoro, causa bocciatura di Beata Szilo, candidata conservatrice. E’ l’ex prima ministra polacca, colei che ha approvato la legge di riforma della giustizia che ha portato alla procedura di infrazione per violazione dello Stato di diritto. Gli altri europarlamentari ne hanno fatto una questione personale, e l’ECR medita di ricambiare lo ‘sgambetto’ non sostenendo von der Leyen.
Con socialisti e liberali poco convinti, sovranisti sugli scudi e conservatori irritati, verdi contrari, il Parlamento rischia di diventare un campo minato per la candidata designata. Tanto più che il voto sarà a scrutinio segreto. Anche i voti della GUE e dei non-iscritti conteranno, e qui il Movimento 5 Stelle sembra intenzionato a sostenere la tedesca del PPE. Ma è tutto ancora molto incerto, e i numeri tutt’altro che garantiti. Servono almeno 376 voti favorevoli, che a oggi sono appaiono tutt’altro che sicuri.
“Non spetta a me giungere a delle conclusioni, ma credo di poter dire che c’è del lavoro da fare”, la sintesi del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, al termine di una giornata politica frenetica e nonostante questo non risolutiva. Quasi tutto verrà deciso domattina, in occasione della riunione dei capigruppo chiamata a decidere il calendario dei lavori della sessione plenaria. Due le possibilità: eliminare il voto dall’agenda, e rinviare tutto a settembre; lasciare il voto per il 16 luglio ed eventualmente spostarlo a settembre con votazione dell’Aula.