Bruxelles – Il segretario generale della Commissione europea, Martin Selmayr, per ora rimane dov’è. Il servizio dei portavoce dell’esecutivo comunitario non dice espressamente se il tedesco cambierà di ruolo e di ufficio, rischiando il più clamoroso degli autogol. Selmayr è stato oggetto di critiche e censure da parte del Parlamento europeo e dei gruppi politici che lo compongono per la discussa procedura di nomina che lo ha portato al vertice dell’amministrazione dell’UE. Gli europarlamentari vorrebbero una ricollocazione ora con la nuova legislatura, teoricamente affidata alla tedesca Ursula von der Leyen.
La presidente della Commissione indicata dai capi di Stato e di governo rischia di non avere i numeri in Aula per poter essere eletta. Dare rassicurazioni all’Aula circa il destino di Selmayr diventa cruciale, in un momento in cui lo scontro inter-istituzionale appare tutt’altro che remoto. Mina Andreeva, dal podio della Commissione europea, ricorda che “non c’è alcuna regola in Commissione che dice che il segretario generale non possa mai avere la stessa nazionalità del presidente”. E’ una prassi, dunque regola non scritta, dice la portavoce del Berlaymont.
“Quello della nazionalità non è un problema quando si inizia il servizio europeo e si lavora per il più ampio interesse europeo”, dice. Ricorda che già con la Commissione guidata da Jacques Delors, francese, c’è stato un segretario generale della stessa nazionalità, Emile Noel (anche se la portavoce si sbaglia e dice Emmanuel), e ricorda pure che in Parlamento europeo, chiamato a esprimersi su von der Leyen, è capitato che presidente e segretario generale fossero dello stesso Paese (Martin Schulz e Klaus Welle, entrambi tedeschi).
La spiegazione potrebbe non piacere. Ci sono tre risoluzioni contro l’avvenuta nomina di Selmayr, più la relazione del Difensore civico europeo che certifica l’irregolarità della nomina di Selmayr a segretario generale. Se già Verdi e parte dei socialdemocratici erano poco o per nulla inclini a sostenere una candidata non gradita, il “Selmayrgate” non aiuta.