Roma – Poche settimane per metterci una pezza. Sempre che l’intenzione di evitare la procedura per deficit eccessivo riferito al debito sia concreta. Il premier Conte due giorni fa non ha messo in dubbio la necessità di “rispettare le regole finché non saranno cambiate”. Ma i due azionisti di maggioranza, i vicepremier Di Maio e Salvini, oggi hanno respinto gli inviti e non sembrano disposti a correggere le traiettorie di bilancio messo nero su bianco da Bruxelles.
“L’unico modo per ridurre il debito creato in passato è tagliare le tasse e permettere agli italiani di lavorare di più” commenta il capo della Lega, convinto che “l’UE capirà la volontà del governo di investire sulla crescita, sul lavoro e sulle infrastrutture”. Perché, insiste, “con tagli, sanzioni e austerità è cresciuto il debito la povertà e la disoccupazione, noi dobbiamo fare il contrario”.
Aggressivo anche il leader del Movimento 5 Stelle, che scarica sul Pd e sui governi precedenti la ragione della procedura avviata dalla Commissione. “Sono anni che diamo senza ricevere o che riceviamo meno di quanto ci spetterebbe”, attacca Di Maio che prende di mira proprio l’UE che “ci fa la morale e poi ci lascia tutto il peso come con i migranti”. Nonostante siano stati a un millimetro dallo strappo di governo, tra i due c’è sintonia totale contro l’Europa, pur dichiarando la disponibilità di sedersi al tavolo “con responsabilità perché siamo un paese serio”.
E se il commissario Moscovici stamani ha detto in italiano che “la porta resta aperta”, il filo del dialogo lo prende Palazzo Chigi. Il Governo “prende atto della valutazione” degli uffici di Bruxelles e “auspica la continuazione di un dialogo costruttivo con la Commissione”, anche se insiste nell’indicare che le previsioni sullo sforamento indicate nel rapporto non tengono conto di sensibili variazioni e di minori spese, indicando così per il 2019 un indebitamento netto che si attesterebbe al 2,1 per cento del PIL.
Nella nota, dal tenore molto più conciliante delle dichiarazioni dei due vicepremier, e probabilmente concordata in stretto contatto con il ministro dell’Economia Tria, si legge che il confronto servirà a definire “gli obiettivi per l’anno in corso che verranno conseguiti e un sentiero di discesa del deficit coerente con gli impegni già assunti da Governo e Parlamento”.
Se dunque i provvedimenti di spesa più criticati come il reddito di cittadinanza e quota 100 non sono in discussione, il governo scrive che “il monitoraggio dei conti pubblici è costante” ed è determinato a perseguire il fondamentale obiettivo di saldo strutturale e ad adottare tutte le cautele e le iniziative per il raggiungimento di tale obiettivo”. In sostanza si capisce che una manovra correttiva non viene esclusa per assecondare le ultime richieste di Bruxelles.
Davanti al “sonoro ceffone al governo” che arriva dall’UE, le opposizioni naturalmente non risparmiano critiche, addebitando alle scelte della maggioranza il dissesto dei conti ed esponendo il Paese a grossi rischi nei confronti degli investitori. Un “Italia da salvare, crescono i debiti e siamo fermi da un anno, la situazione è brutta” dice il segretario del PD Zingaretti, mentre alle accuse di Di Maio risponde l’ex ministro Padoan: “Con i nostri governi debito stabilizzato e in diminuzione”. Il “dramma per il premier Conte”, secondo Brunetta di Forza Italia, è che “vuole fare di tutto per scongiurare la procedura, mentre un suo vicepremier dice che se ne frega e l’altro che dice le due cose a fasi alterne. Un vero e proprio manicomio”.