Bruxelles – Apertura mentale, senso di appartenenza europeo, inclusione sociale, miglior approccio all’innovazione tecnologica, maggiore facilità di occupazione nei campi desiderati e più solide opportunità di carriera. Un’esperienza di studio o tirocinio all’estera dà una marcia in più a chi li fa, e proprio loro, i protagonisti del programma per la mobilità studentesca Erasmus+, riconoscono tutte queste qualità all’iniziativa simbolo dell’Unione europea.
La Commissione europea ha voluto compiere una valutazione d’impatto di quello che ormai è un vero e proprio marchio distintivo dell’UE. Ha intervistato 77mila persone tra studenti (47mila), laureati con esperienza Erasmus (12mila), e personale didattico con soggiorno all’estero (10mila). Interpellate inoltre le 504 organizzazioni coinvolte dal progetto e a quanti hanno lavorato ai 258 partenariati strategici Erasmus+. Sono loro che tracciano il bilancio, estremamente positivo.
Sarà la dinamicità, la possibilità di confrontarsi con gli altri, sviluppare uno spirito di squadra, o saranno magari università meglio attrezzate. Fatto sta che sette beneficiari di Erasmus+ su dieci (72%) affermano che è stato utile o molto utile per trovare il loro primo lavoro. Addirittura l’80% degli intervistati dichiara di essere stato assunto entro tre mesi dalla laurea, con nove ex studenti Erasmus+ su dieci che affermano di avvalersi delle competenze e delle esperienze acquisite all’estero. E non finisce qui. Il 40% dei partecipanti a un tirocinio del programma Erasmus+ si è visto ‘confermare’, con offerte di lavoro dalle aziende per hanno fatto il tirocinio. Mentre un’altra quota di partecipanti ha potuto sviluppare la propria natura di imprenditore, e ha avviato la propria attività (10%).
“È impressionante vedere come il programma Erasmus consente ai giovani di prosperare nel moderno mercato del lavoro e in una più diversificata società”, commenta il commissario per l’istruzione e la cultura, Tibor Navracsics. I laureati che hanno sostenuto un periodo di mobilità all’estero, afferma soddisfatto, “sono più determinati ad affrontare nuove sfide e ad avere migliori prospettive di carriera rispetto a coloro che non hanno svolto un periodo di studio o lavoro all’estero, oltre al fatto di essere più consapevoli dei vantaggi dell’UE”.
L’esperienza all’estera accresce il senso di appartenenza all’Europa. Un terzo degli studenti Erasmus (32%) ammette di identificarsi solo o principalmente come europeo dopo aver completato il loro periodo di mobilità. Un dato superiore ai colleghi che rimangono a casa e ‘snobbano’ la possibilità di recarsi all’estero (25%).
Erasmus+ fa bene agli studenti, dunque. Ma fa bene anche alle università che “non sono solo più internazionali, ma anche meglio predisposte per rispondere alle esigenze del mondo lavorativo”, sottolinea Navracsics., ribadisce la sua più totale fiducia nel programma di mobilità studentesca europeo.
Solo tra il 2014 e il 2018 sono state finanziate circa mila partenariati strategici tra istituti di istruzione superiore e 93 progetti di collaborazioni per la diffusione della conoscenza tra università e imprese. Lo studio della Commissione rileva che nel 90% dei casi, la cooperazione tra università finanziate da partenariati strategici è proseguita anche dopo il termine del progetto. Si ‘fa rete’, dunque. Tutto questo grazie all’Europa.