Bruxelles – “Chi decide di non votare, soprattutto in regioni come quelle del Sud Italia, ha perso in partenza e ha delegato ad altri scelte fondamentali per il proprio futuro”. Jaume Duch Guillot è un robusto signore che tende al sorriso, ha perso qualche capello negli anni, e fa un lavoro a volte complicato. E’ il Direttore generale per la comunicazione e portavoce del Parlamento europeo, spagnolo di nascita (per la precisione è catalano, di Barcellona) e parla molte lingue, tra le quali l’italiano, lingua di un Paese che visita ogni tanto, che un po’ conosce, non ne parla accademicamente insomma, sa cosa dice.
Le elezioni europee si avvicinano e oramai crediamo che tutti gli elettori lo sappiano, ma non siamo sicuri che tutti abbiano capito l’importanza di questo voto, che sembra essere tornato a concentrarsi sulle questioni europee e non solo nazionali. La paura del successo delle formazioni più euroscettiche ha fatto sì che il Parlamento abbia messo in piedi “una campagna che è anche una scommessa senza precedenti. Stavoltavoto.eu è la campagna più decentrata e sul territorio che il Parlamento europeo abbia mai fatto”, rivendica Duch, che è uno di quelli che l’ha disegnata. “Abbiamo cercato, e secondo me siamo riusciti, ad andare il più possibile sul territorio, facendo capire alle persone che votare per l’Europa significa votare per il proprio futuro, scegliere il futuro che vogliono per l’Europa e per loro stessi”. Questa volta da Bruxelles hanno cercato di capire un po’ meglio, fuori dalla retorica europeista, cosa succede davvero nei Paesi membri. E Duch dice di essere “molto contento del lavoro che tutti gli uffici del Parlamento europeo stanno facendo per sensibilizzare l’opinione pubblica. Votiamo per eleggere i 751 deputati del Parlamento europeo ma i contesti nazionali in cui queste elezioni si svolgono sono molto diversi, quindi il lavoro degli uffici che hanno il polso del territorio è essenziale”.
In Italia il successo dei partiti euroscettici è evidente in questi ultimi anni, a Bruxelles lo sanno bene. “E’ possibile, come mostrano i sondaggi, che in un paese come l’Italia i partiti euroscettici ed eurocritici usciranno rafforzati dalle prossime elezioni”, ammette il comunicatore capo del parlamento europeo. Ma è prudente, “bisognerà però innanzitutto vedere di che tipo di risultato parleremo, e questo potremo giudicarlo solo dopo il 26 maggio, a urne chiuse”. Però di una cosa Duch è certo: le nuove forze non sfonderanno “Quello che appare evidente è che, sebbene forse il prossimo Parlamento europeo sarà un po’ più frammentato e variegato rispetto all’attuale, continuerà a reggersi su una maggioranza di gruppi fondamentalmente pro europei”.
La questione da risolvere però è portare gli elettori al voto. I dati di affluenza sono drammatici in Italia: 86,12% nel 1979 al primo voto europeo, 66,47% nel 2009, e 57,22% nel 2014. La sfiducia sembra evidente. La sensazione di abbandono ha fatto premio sulla scelta di partecipare. “Le regioni del sud d’Italia, come tutte le regioni economicamente svantaggiate, hanno nell’Europa una grande risorsa”, replica però Duch, secondo il quale “l’Europa aiuta i cittadini di queste aree in molti campi: agricoltura, pesca, tutela del Made In e dei prodotti tipici locali, rispetto dell’ambiente, standard di lavoro più tutelati e armonizzati, lotta alla disoccupazione giovanile, tutela del patrimonio culturale, solo per fare alcuni esempi…”. Lo spagnolo rivendica che “in questi cinque anni il Parlamento europeo ha approvato oltre mille provvedimenti che hanno cambiato la vita dei cittadini dell’UE, e i cittadini del Mezzogiorno in Italia hanno beneficiato di molti di questi provvedimenti”. Dunque secondo lui, e non ce la sentiamo di dissentire, “il loro voto è importantissimo perché, votando, determineranno in che direzione l’Europa dei prossimi cinque anni dovrà andare. Chi decide di non votare, soprattutto in regioni come quelle del Sud Italia, ha perso in partenza e ha delegato ad altri scelte fondamentali per il proprio futuro”.
In Italia, e nel Mezzogiorno in particolare, spesso ci si lamenta dello strapotere attribuito ad alcuni Paesi del Nord, e della Germania in particolare. Secondo Duch forse questa sensazione non è così “pervasiva”, ma per noi è innegabile che ci sia. “E’ proprio votando che si può far sentire più forte la propria voce in Europa insiste il portavoce del Parlamento -. Poi come ognuno decide di votare non devo giudicarlo io, né sono io che posso dividere i voti fra voti utili e voti inutili. Ogni voto è utile perché ogni cittadino deve far sentire forte la propria voce”.
Appena si insedieranno il nuovo Parlamento e la nuova Commissione sul tavolo ci sarà l’importante partita del bilancio pluriennale dell’Unione che porterà alla fine degli anni ’20 di questo secolo. Per l’Italia è una partita importante, perché si dovranno quantificare i nuovi Fondi europei e la nuova Politica agricola comune, la Pac. “Il Parlamento europeo si è sempre battuto perché, ad esempio, i fondi per la politica agricola comune restino di portata importante e perché si possa continuare a sostenere le aree più svantaggiate dell’Unione europea. Detto ciò, quello che tutti gli elettori devono secondo me capire è che ci troviamo in un’epoca di sfide globali a cui bisogna rispondere con un approccio strategico comune”. Siamo tutti troppo piccoli in Europa per fare da soli, “per fare un esempio, l’agricoltore italiano non può far fronte alla potenza di fuoco della Cina, della Russia, degli Stati Uniti se si chiude in sé stesso e pensa di tutelare solo i suoi interessi locali. Se invece capisce che in Europa, con l’Europa, è più forte quando va a trattare con questi interlocutori, allora si renderà conto di aver bisogno di più Europa anche in agricoltura e non di meno Europa. E questo – conclude la discussione Duch – è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare”.
Articolo pubblicato anche su “L’altra voce dell’Italia“.