Bruxelles – Unione europea e Stati Uniti, ancora divisi in politica internazionale e più nello specifico sulla linea da seguire con l’Iran. A poco o nulla è servito il viaggio ‘a sorpresa’ degli segretario di Stato americano, Mike Pompeo, a Bruxelles. La girandola di incontri avuti dal membro di governo di Washington con i rappresentanti degli Stati europei non ha prodotto alcun riavvicinamento, semmai ha sancito una volta di più lo strappo.
L’amministrazione Trump ha deciso unilateralmente di abbandonare l’accordo internazionale che impegnava la repubblica islamica a rinunciare l’arricchimento dell’uranio e dotarsi di un arsenale nucleare, in cambio della graduale normalizzazione dei rapporto con la comunità internazionale. Questo secondo l’UE aumenta l’instabilità in una regione dove molti Paesi – Siria, Iraq, Yemen – sono già saltati.
Pompeo ha modificato la propria agenda. Ha rinunciato a recarsi a Mosca per “fare sosta” a Bruxelles, nel giorno della riunione dei ministri degli Esteri dei Ventotto. L’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini, appena appresa la notizia ha fatto sapere di avere difficoltà a ritagliarsi momenti per incontri. Dichiarazioni lette come una chiusura dell’UE nei confronti dell’USA in un momento non certo idilliaco per le relazioni transatlantiche. Ma Mogherini è stata chiamata a presiedere sia il consiglio Affari esteri, sia la riunione con i rappresentanti del Partenariato orientale (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova, Ucraina). Giornata piena per davvero.
Alla fine il biletarale Mogherini-Pompeo si è tenuto, com’era prevedibile. “Come Unione europea abbiamo incoraggiato il dialogo e lo sforzo diplomatico”, spiega L’Alta rappresentante al termine di consiglio Affari esteri e bilaterale, e prima del meeting con i partner euro-asiatici. “Mike Pompeo ha sentito da noi che viviamo un momento critico e delicato, e che in momento simili la cosa più responsabile da fare è evitare ogni escalation”.
La tensione però è alle stelle. L’Iran, mai un alleato di Washington, è accusata di aver sabotato di due petroliere dell’Arabia Saudita, regno con cui da sempre gli statunitensi fanno affari. I misteriosi incidenti sono stati denunciati nel golfo Persico, e sarebbero l’ultimo atto di un confronto di braccio di ferro tra Teheran e Riad per la loro risorsa più preziosa: l’oro nero.
La repubblica islamica intende produrre e vendere 1,5 milioni di barili di greggio, la monarchia saudita vede nella rimozione dell’embargo economico al regime degli ayatollah una minaccia per la supremazia commerciale, economica e geopolitica. A questo si aggiunge le secolari divergenze confessionali. I sauditi sono sunniti, gli iraniani sciiti.
Israele non ha mai visto di buon occhio una normalizzazione delle relazioni con Teheran, e sostiene la politica di Trump. Da parte europea si vuole evitare di perdere il controllo anche dell’Iran. “Da parte nostra c’è la piena determinazione a fare tutto ciò che è nelle nostre capacità per rispettare l’accordo sul nucleare”, scandisce Mogherini. “Finché l’Iran continuerà a rispettarlo noi andremo avanti. L’Agenzia internazionale dell’energia atomica ci ha confermato che l’Iran sta attuando l’accordo”.
Pompeo ha incontrato anche i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito, i membri UE con cui nel novembre 2013 si era trovato l’accordo per indurre Teheran a rinunciare all’idea e ai progetti di uso del nucleare diversi da quello civile. A suggerire al segretario di Stato americano di non giocare col fuoco è stato il ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt. “C’è una reale preoccupazione che un’escalation non intenzionale possa finire con una situazione molto più grave di quella che temiamo”. Si teme il peggio e si invita a rientrare nei binari della ragionevolezza. Pompeo non sembra aver cambiato idea.