Firenze – Tutte le idee sono legittime, l’espressione non deve essere conculcata, quello che non è più accettabile è però che si cavalchino fake news o informazioni ad effetto perché hanno più “appeal immediato” e non si faccia un grande lavoro per offrire ai lettori la possibilità di approfondire e scoprire la verità, che per sua natura resta spesso molto soggettiva, ma che ha bisogno di fonti ampie e trasparenti per essere raggiunta.
Vera Jourova, commissaria europea per la Giustizia, è a Firenze dove partecipa allo State of the Union, l’appuntamento annuale dell’Istituto Universitario Europeo (Eui) e ha voglia di parlare di informazione, di fake news e dello sforzo che lei ed altri commissari stanno facendo per offrire ai cittadini fonti il più possibile trasparenti, in particolare in vista delle oramai prossime elezioni europee. Ne parla in questa intervista concessa a Eunews in un angolo della splendida Villa Salviati, sede di Eui nelle colline fiorentine.
“La questione centrale è che i cittadini devono sapere che c’è sempre anche altro. Il tema non deve essere tanto quello di impedire la circolazione di alcuni tipi di notizie, la libertà di espressione è un diritto, ma lo è anche l’informazione, e i lettori devono sapere che c’è sempre anche ‘altro’ da leggere e su questo sfidiamo le grandi società del web non a cancellare le notizie scritte da persone (perché poi, parallelamente c’è la battaglia contro i falsi account o quelli gestiti da intelligenze artificiali, ndr) ma a guidare i lettori verso altri fatti, altre fonti. Lo spazio deve essere libero alla pluralità delle posizioni, ma deve anche essere possibile raggiungere altre fonti oltre a quelle che fanno più rumore, che appaiono più ‘sexy’”.
Eunews – Insomma a parte i contenuti illegali che hanno un loro percorso, per quanto riguarda l’informazione, soprattutto quella on-line che più influenza i cittadini, il vostro sforzo sembra essere quello di fornire più strumenti per aiutare a capire cosa realmente accade?
Jourova – “Dobbiamo lavorare per portare i fatti alla luce dando ai cittadini la scelta. Ripeto, la ‘bugie’ spesso sono più sexy della verità, stimolano reazioni forti, un po’ come i film horror, si diffondono più velocemente della verità, che spesso è sottile, complicata, difficile da capire. Disinformare è più facile che informare, su molti temi. E’ una questione psicologica, di come vengono percepite le informazioni”.
E – Dunque cosa chiedete ai giganti del web, che sono i maggiori vettori della comunicazione?
J – “Per prima cosa un approccio proattivo, che spinga i lettori non accontentarsi e a cercare altre fonti quando leggono una notizia, e questo la tecnologia può aiutare a farlo. Poi chiediamo agli Stati di organizzare delle Strategy communications unit, che possano formare un sistema di allerta rapido quando esplode un fenomeno di false notizie che necessitano una reazione, perché i cittadini possono avere reazioni anche ‘isteriche’ e bisogna fornire loro la possibilità di approfondire per capire cosa succede. C’è anche un’altra questione, molto importante: solo pochi Paesi dell’Unione hanno il reato di procurato allarme (in Italia esiste per alcune fattispecie, articolo 658 del Codice penale, ndr), è una previsione abbastanza rara in Europa, un ragionamento su questo dovrebbe essere fatto”.
E – Alle volte però sono proprio i politici a creare situazioni di allarme. In Italia il ministro degli Interni un anno fa parlava di 500mila migranti clandestini, fino a dover ammettere, pochi giorni fa, che in realtà sarebbero solo 90mila, tutt’altra dimensione…
J – “I politici devono essere molto prudenti quando parlano di questioni sensibili. Si può comunque sbagliare, involontariamente, ma anche qui dico che il fact checking indipendente è un aiuto. Possiamo sbagliare, e in un sistema democratico è giusto che ci sia chi può correggerci”.
E – Questo lavoro però costa, anche qui, il rischio è che solo poche società editoriali possanofarlo. La Commissione finanzia in qualche modo questo lavoro?
J – “Noi soldi all’esterno non ne abbiamo messi, perché abbiamo deciso di investire all’interno delll’Unità di Comunicazione della Commissione, aumentando considerevolmente il personale. Invitiamo gli Stati a fare lo stesso, e siamo convinti che a pagare debbano essere le società del sistema dell’Information technology”.
E – Tra poco più di venti giorni i cittadini europei andranno alle urne. Lei ritiene che la campagna elettorale sia molto influenzata dalle fake news?
J – “C’è chi le userà per tentare di influenzare gli elettori e per questo lanciamo l’allarme e insistiamo sul punto. Bisogna favorire la verifica delle notizie, altrimenti le fake dilagano e possono creare grandi problemi. Certo, nel momento della campagna elettorale i politici tendono ad esasperare un po’ le cose, questo è normale, ma devono essere sempre salvaguardati tre principi: la trasparenza, il dibattito di idee, e che sui media si esprimano vere persone e non intelligenze artificiali. Anche nel web devono valere le regole della vita reale”.