Bruxelles – Il terzo voto sull’accordo Brexit tra la premier britannica Theresa May e l’Unione europea ci sarà solo se e quando ci saranno “prospettive realistiche” di un successo. Lo ha confermato il portavoce di Downing street e lo ha detto anche il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt arrivando questa mattina al vertice di Bruxelles con i colleghi dei 28. “Dobbiamo essere ragionevolmente tranquilli del fatto che avremo i numeri”, ha detto Hunt, aggiungendo che “c’è qualche prudente segnale di incoraggiamento, ma c’è molto lavoro da fare”.
In queste ore la premier May sta negoziando a tutto campo, in primo luogo con gli alleati irlandesi del Dup (10 parlamentari) ma anche con i suoi deputati che sono ad oggi hanno rigettato l’accordo Brexit, ed in effetti da giorni si inseguono voci su parlamentari che sarebbero pronti a cambiare posizione, come hanno già fatto un’ottantina di loro tra il primo e il secondo voto.
Il portavoce del governo ha anche confermato che se l’accordo non dovesse passare in Parlamento (il voto potrebbe essere mercoledì, ma forse sarà rinviato alla prossima settimana) allora May pensa di chiedere ai 27 una lunga estensione dell’articolo 50 del Trattato Ue (quello in base al quale attualmente la data di separazione è prevista al 29 marzo), prevedendo anche lo svolgimento delle elezioni europee.
Da parte europea intanto sembra ammorbidirsi il fronte tenuto sino ad oggi che per un rinvio servono ragioni “concrete”, come ad esempio delle elezioni anticipate o un secondo referendum. “In Belgio non siamo contro un’estensione, ma il problema è fare cosa?”, si domanda il ministro degli Esteri del regno Didier Reynders. “Certo, se è possibile evitare una situazione di no deal – ha sottolineato -, sarebbe meglio. E’ certo che un no-deal sarebbe una sconfitta per entrambe le parti, ma siamo preparati”.
Qual che preoccupa Bruxelles in caso di una lunga estensione della data di separazione (mentre invece una di circa tre mesi in caso di approvazione dell’accordo è praticamente certa, per favorire alcuni aggiustamenti nella preparazione) è la situazione di incertezza che si creerebbe su molti fronti: a parte la presenza “provvisoria” di deputati europei britannici, c’è ad esempio il grosso problema del bilancio pluriennale dell’Unione che è in discussione in questi mesi, e se Londra c’è o non c’è cambia molto, ovviamente. Nelle discussioni a proposito dell’estensione lunga tuttavia sempre più spesso appare l’idea che questa potrebbe anche portare ad un ripensamento del Regno Unito sulla Brexit: potrebbe essere preferita una linea più morbida, o addirittura c’è chi intravede la possibilità di un passo indietro sulla separazione.
Il capo redattore politico del canale televisivo indipendente ITV Robert Peston in un tweet di questa mattina afferma che alcuni ministri gli avrebbero detto che May pensa ad un’estensione di nove mesi, ed anche lui adombra la possibilità di un passo indietro sulla Brexit.
Minister tells me @theresa_may expects EU to grant nine month Brexit delay. What would that mean for when (or indeed if) we leave the EU? https://t.co/D3YNHfs18l
— Robert Peston (@Peston) March 18, 2019
Poi c’è anche chi inizia a mostrare qualche insofferenza. Come Danuta Hubner, la presidente della commissione Affari Costituzionali del Parlamento europeo, la quale ha oggi auspicato una rapida conclusione della vicenda: “Abbiamo molte cose da fare, anche altre oltre la Brexit, non possiamo andare avanti per anni con questo!”, ha detto durante una seduta della commissione.