Di Battista dice che non vuole venire a Bruxelles perché qui si mangiano patate fritte e cozze e quindi non si candiderà alle europee. Ognuno potrà giudicare da sé la solidità e la ponderatezza delle motivazioni che inducono il leader pentastellato alla sua decisione. Ma al di là dell’aneddoto e delle facili battute, anche questa presa di posizione grillina è rivelatrice della mentalità di un’intera generazione di italiani che si sono smarriti nell’ignoranza e hanno probabilmente perso il treno della modernità su cui invece viaggiano sicuri i loro coetanei dell’Europa migliore.
La mia generazione fu quella che con il biglietto dell’Interrail, poche e molto svalutate lire in tasca ma tanta curiosità in testa andò alla scoperta della misteriosa Europa del nord, dove si mangiava paurosamente male soprattutto perché noi eravamo paurosamente poveri e non potevamo permetterci altro che hot dog e fish & chips. Dove si arrivava dopo interminabili viaggi in cuccetta, restando fermi alle frontiere per ore, su linee ferroviarie che non erano progettate per i collegamenti internazionali. Ma la voglia di capire e di conoscere erano più forti del disagio del viaggio, del cibo scadente e dei pulciosi ostelli in cui ci toccava di dormire, più forte anche della fatica di pagarci il soggiorno lavorando come camerieri o sguatteri e a casa le notizie arrivavano ogni due o tre settimane con una telefonata cronometrata a carico del destinatario.
Così la nostra generazione ha scoperto le maniere e la mentalità dell’Europa del nord, soprattutto dell’affascinante Gran Bretagna che era allora il punto di arrivo europeo della modernità e della spregiudicatezza di costumi americana, il paese del rock e del pop ma soprattutto la culla di quella inimitabile libertà di pensiero, di quell’apertura della mente, di quella capacità di intraprendere, di inventare il nuovo, di cambiare che in Italia mancava tanto e che, oggi lo si vede, non è mai arrivata.
Noi tornavamo carichi di storie da raccontare e di idee nuove da imitare, ad ogni viaggio sempre più convinti che se l’Italia avesse mai funzionato come quei paesi, saremmo diventati una superpotenza. Abbiamo invece visto l’Italia sprofondare sempre più nel suo immobilismo, nel suo eterno provincialismo, nella piccineria e nella grettezza, paralizzata dalla burocrazia, azzoppata dalla corruzione e dagli sprechi e oggi giunta addirittura a disprezzare quella parte d’Europa che in un modo o nell’altro ci ha sempre salvati da noi stessi.
Oggi che con pochi euro e senza passaporto ci si può permettere un volo aereo più vitto e alloggio ovunque in Europa, l’italiano grillino ha paura di allontanarsi dalla pasta della mamma e l’argomento che trova per denigrare un incarico nell’istituzione più rappresentativa dei popoli europei è proprio lo sprezzo per il cibo inconsueto: un’apoteosi di provincialismo. In altri termini, l’italiano grillino ha paura della novità, della scoperta, dell’altro da sé, di tutto quello che non conosce e che potrebbe rivelare l’inconsistenza del suo pensiero.
Mangerà pasta alla carbonara l’italiano grillino e vivrà di reddito di cittadinanza in un paese impaurito e chiuso, abitato da vecchi e svuotato dei suoi giovani migliori che già oggi stanno fuggendo a decine di migliaia verso l’Europa che va avanti e che non ha paura di patate fritte e cozze.