Bruxelles – Un’ora e mezzo di riunione telefonica dedicata alla Brexit con i suoi ministri di gabinetto ieri per chiarire un solo concetto: quel che vuole fare la premier britannica Theresa May e’ lavorare a tenere insieme il suo scassato partito ed evitare le elezioni. La soluzione per il confine irlandese viene dopo, magari dopo qualche incontro a Bruxelles, dove May potrebbe arrivare già questa sera, magari chiedendo più tempo per i negoziati.
Oggi alle 15.30 (ora di Roma) la premier si ripresenterà in Parlamento, lo stesso che le ha sonoramente bocciato l’accordo che aveva raggiunto con l’Unione europea sulla Brexit, per tenere un discorso sulle sue nuove proposte tese ad avere un’intesa. Ci sarà anche una sessione di domande e risposte, che si annuncia molto accesa, anche perché la confusione regna pure nel partito Labour, dove il leader Jeremy Corbin è sempre più pressato dai suoi che chiedono di lavorare a un secondo referendum, mentre lui punta solo alle elezioni. Essendo anche che lui, Corbin, è un sostenitore della Brexit.
Nel documento che May presenterà non è chiaro cosa ci sia, dato che non ci sarà una nuova proposta sul tema decisivo del confine tra le due Irlande. Potrebbe esserci, hanno annunciato i liberali dopo un incontro con i ministri di gabinetto nel quadro delle consultazioni avviate da May, la pura presa d’atto che c’è anche chi propone come soluzione all’empasse un secondo referendum. Alcuni deputati stanno ancora lavorando ad emendamenti tesi ad evitare una separazione senza accordo, che in sostanza tendono ad aumentare i poteri del Parlamento e a ridurre parallelamente quelli del governo sulla legislazione in materia di separazione.
Al momento dunque May tenta di passare la palla della questione irlandese nel campo dell’Ue (dove oggi si riuniscono i ministri degli Esteri, anche se su temi diversi), ma a Bruxelles invece si aspettano proposte da Londra, e si è già detto che nulla di sostanziale potrà cambiare rispetto all’accordo bocciato in Parlamento, tranne la presa in considerazione di eventuali misure “tecnologiche” per la gestione del confine: “il backstop sull’Irlanda è parte dell’accordo di separazione, e non è negoziabile”, ha ribadito oggi il portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas. L’unico spazio di manovra un po’ agevole potrebbe essere quello della “dichiarazione politica” sulle relazioni dopo il periodo transitorio, nella quale si può inserire qualche rassicurazione in più per chi teme di restare troppo legato all’Unione. In questo senso si rincorrono voci (e smentite) su un lavoro per un accordo tra Repubblica d’Irlanda e Regno Unito per la gestione della frontiera, ma lo spazio di manovra in realtà è minuscolo, perché quella è una frontiera dell’Unione e dunque la sola Eire non è in grado di fare molte aperture. Tra l’altro fino ad oggi Dublino è stata molto solidale con i 27 e un suo “salto in avanti” non concordato sorprenderebbe.
Mentre dunque a 68 giorni dal 29 marzo e con un “no deal” sempre più probabile”, si moltiplicano anche i sondaggi tra i cittadini, e sembra che, in generale, cresca il timore per una Brexit senza accordo il 29 marzo, insieme al sostegno per un n uovo referendum.