Bruxelles – Nel 2019 non più deficit al 2,4%, ma al 2,04% in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil). L’Italia rivede gli obiettivi della manovra, e crea le condizioni per un compromesso sui conti con Bruxelles. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha illustrato le nuove intenzioni del governo in materia di politiche di bilancio, segnando di fatto la resa dell’esecutivo giallo-verde nel braccio di ferro con l’Europa, che chiedeva correzioni sostanziose prima scartate e poi alla fine portate in Commissione.
Riduzione del deficit vuol dire tagli alla spesa. L’Italia, proponendo una riduzione dello 0,4%, si dice pronta a tagliarla di circa sette miliardi di euro. Non poco. Ma Conte ha ribadito che su reddito di cittadinanza e pensioni non ci sarà alcun passo indietro. Resta dunque la “quota 100” (62 anni di età e 38 anni di contributi i requisti minimi per uscire dal mondo del lavoro e andare in pensione. E’ questo il superamento delle riforma Fornero che fissava a 67 anni di età il requisito anagrafico minimo per il ritiro dalle professioni). Spetta ora al governo consegnare i dettagli del piano di bilancio rivisto, con l’indicazione di coperture e tutto il resto.
Restano le deviazioni dagli impegni sul deficit
Le correzioni annunciate da Conte al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, potrebbero comunque non bastare. Nell’opinione dell’esecutivo comunitario alla legge di bilancio per il 2019 si nota la deviazione significativi assunti dall’Italia con il precedente governo. Nel programma di bilancio presentato ad aprile 2018 il Paese si impegna a ridurre il rapporto deficit/Pil allo 0,8%, mentre la versione originale della manovra a firma Lega e M5S spostava l’asticella al 2,4%, valore “tre volte più alto di quanto inizialmente programmato”, contestava allora Bruxelles. Tornando indietro al 2,04% il valore è ‘solo’ due volte e mezzo quello che l’Italia si era impegnata a produrre. Insomma, la manovra tricolore risultava “non in linea” con gli impegno allora, e risulta ancora non in linea adesso.
C’è la questione della “significativa deviazione” dagli obiettivi di miglioramento strutturale dei conti. L’Ue (Commissione e Consiglio) chiede miglioramenti dello 0,6%, l’Italia programmava deterioramenti dello 0,8%. Questi, unite alle mancate correzioni, comportava quello scostamento “senza precedenti” dell’1,4% rimproverato all’Italia. Riducendo il deficit nominale automaticamente “il deficit strutturale calerà”, assicura Conte, senza però fornire le cifre.
Francia e Spagna come l’Italia, compromesso meno impossibile
Sin dall’inizio la Commissione si era mostrata disponibile al confronto e al compromesso. Il presidente del Consiglio assicura che la proposta di modifica italiana “è stata giudicata importante e significativa”, e dall’esecutivo comunitario confermano “buoni progressi” nel dibattito politico. Lo scoglio più duro da superare è il consesso degli Stati membri. Nel Consiglio dell’Ue, però lo scenario è cambiato. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha annunciato sulla scia delle proteste di piazza dei gilet gialli, che aumenterà gli stipendi di 100 euro. Vuol dire più spesa, e l’impossibilità di rispettare gli impegni sul deficit. Anche la Spagna ha annunciato di voler intraprendere misure più espansive. Insomma, l’Italia non è più sola né un caso isolato, e a questo punto gli occhi sono tutti puntati sulla riunione del collegio dei commissari, che il 19 dicembre deve decidere se avviare o meno la procedura per deficit eccessivo legata al debito contro l’Italia.