Bruxelles – Continua la battaglia italiana contro le etichettature a semaforo dei prodotti alimentari. In questi giorni si è spostata in Belgio, dove da qualche settimana è entrata in vigore una nuova normativa che prevede una classificazione della “salubrità” dei prodotti attraverso un indice a colori che, di fatto, come nei casi già realizzati in Gran Bretagna e Francia penalizzano ad esempio il Parmigiano, perché ricco di grassi, e favoriscono le bibite gasate (piene di zuccheri magari, ma senza grassi).
In sostanza con questi sistemi, come ebbe a dire l’eurodeputata di Forza Italia Elisabetta Gardini “mi si spiega che è più sano dare al mio bambino una bella bibita gasata, magari nel biberon, anziché un po’ di parmigiano grattugiato nella pappa”.
Come noto i primi ad introdurre questo sistema a “semaforo” sono stati i britannici, poi seguiti dai francesi con il “Nutri-score” ed ora ci sono anche i belgi. Per questo oggi l’Ambasciatrice d’Italia in Belgio, Elena Basile, ha avuto un incontro con la ministra federale della Salute belga, Maggie De Block, per discutere il tema dell’etichettatura dei prodotti alimentari. Basile ha presentato la proposta italiana, basata su icone in grado di indicare al consumatore il contributo che una porzione dell’alimento fornisce al fabbisogno quotidiano di energia e di altri nutrienti, “pertanto senza discriminazioni aprioristiche tra i prodotti agroalimentari”. L’informazione appare pertanto più oggettiva, sostiene il governo italiano, basata su dati scientifici ed invita il consumatore a comprare i diversi prodotti della propria dieta in modo autonomo e consapevole.
De Block alla fine dell’estate ha autorizzato l’introduzione in Belgio di un sistema di etichettatura volontario, detto anch’esso “Nutriscore”, che assegna un punteggio e un colore a ciascun prodotto, per ora in via di adozione dalla catena di supermercati Delhaize. Nell’illustrare le caratteristiche della proposta italiana, Basile ha espresso le perplessità su sistemi di etichettatura che esprimono giudizi sintetici e di valore su singoli alimenti, qualificandoli astrattamente come “buoni” o “cattivi” e finendo così per danneggiare prodotti agro-alimentari di qualità.