Questa volta l’Italia non si farà soffiare i posti migliori. Il governo di Enrico Letta ha un prezioso negoziatore, il ministro per le politiche europee Enzo Moavero, che già da qualche tempo sta pressando la Commissione perché si pongano le basi per una qualificata presenza italiana nei ruoli importanti del prossimo esecutivo comunitario.
Diversamente da quanto accade di norma, e che un altissimo esponente italiano a Bruxelles sintetizza con “ognuno fa per se, non c’è nessun coordinamento, nessuna strategia”, questa volta Roma si vuol mettere alle pari con i maestri di Londra e gli abili tedeschi e francesi e negozierà la presenza di italiani nelle posizioni (per noi) importanti nei gabinetti dei commissari e nelle collocazioni funzionariali decisive della Commissione, tentando una volta tanto di non farsi scavalcare dagli “amici” che tradizionalmente sanno “fare squadra”. Ancora brucia, ad esempio, l’esclusione a inizio legislatura di un qualsiasi rappresentante italiano nel gabinetto del commissario all’Agricoltura.
Dunque Moavero sale spesso negli uffici di Maroš Šefčovič, il vice presidente della Commissione responsabile dell’amministrazione e delle relazioni inter-istituzionali, per fare “quello che non è mai stato neanche tentato prima”, cioè di ottenere i posti desiderati e non andare allo sbaraglio come quando dall’ Italia ogni potente o potentino raccomanda un suo uomo o donna, spesso senza ottenere soddisfazione, o anzi, creando una confusione tale che vanifica ogni sforzo di coordinamento fatto dalle istituzioni italiane a Bruxelles e si fa il gioco di chi preferisce altro.
Staremo a vedere se funzionerà, ma almeno ci si sta provando.