Bruxelles – Non è l’Italia a sbagliare, sono gli altri partner europei a non capire e a non rendersi conto che le ricette economiche e di bilancio tradizionali, quella votate al rigore dei conti, non vanno. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ribalta il paradigma per cui il governo italiano starebbe agendo contro il normale sentire. “La situazione è cambiata”, dice al termine dell’Eurogruppo straordinario organizzato a Bruxelles per parlare di unione bancaria e non di manovre. Però il tema è lì, sull’agenda di tutti. A tutti Tria ricorda cosa è cambiato, e che in ragione di questo cambiamento si spiega la manovra italiana che non piace perché, probabilmente, non capita.
“Si conferma un rallentamento dell’economia europea. Tutta la teoria economica degli ultimi 50 anni dicono che in termini di recessione politiche restrittive finiscono con l’essere pro-cicliche”. Finiscono per aggravare la crisi. Ecco perché per l’Italia servono misure anti-cicliche, di stimolo dell’economia in una fase di depressione. Questo mutato cambio di scenario e di tendenza “pone un problema nuovo, anche alle considerazioni che la Commissione può fare alla nostra manovra”, quelle già fatte, e quelle che arriveranno da qui a breve, nell’opinione alle leggi di bilancio che la Commissione produrrà mercoledì per tutti gli Stati membri.
L’italia rompe le righe, consapevolmente. Non per sfida, non per dispetto. Ma, spiega Tria, perché si assume delle responsabilità che nessuno ha saputo assumersi in Europa. Quelle di misure di crescita, quelle per politiche di equità e giustizia sociale. Ciò che vuole essere il reddito di cittadinanza, anche se il ministro italiano non lo dice espressamente. “Se noi avessimo politiche europee per la crescita avremmo meno bisogno di politica nazionale”, che invece su questi temi è, da trattati, la sola possibile. “L’assenza di queste politiche di coesione sociale è anche un motivo di crescita del sentimento anti-europeo in alcuni Paesi”. E dunque, rivendica Tria, “quello che sta facendo l’Italia è una risposta nazionale a problemi che non sono stati affrontati a livello europeo”.
C’è bisogno di uscire da logiche e schemi che non rispondono più alla realtà. Tria viene a Bruxelles a respingere al mittente critiche e reprimende. In modo sobrio, cordiale, perché lo scontro non aiuta e dunque “l’importante è che ci sia una discussione molto calma” . Ma lo fa pure in modo fermo e deciso. “Da vent’anni abbiamo un surplus. Dire che l’Italia è il Paese della finanza allegra è un falso. Non bisogna dire che non siamo i migliori, ma neppure i peggiori”. Anche perché, a voler distinguere il mondo in buoni e cattivi, andrebbe detto che “è vero che abbiamo il problema del debito, ma dal 2008 in poi è cresciuto meno di quello francese”, e che “da anni la Francia ha un deficit più alto di quello italiano”, tanto per fare un esempio.
Quindi basta con dibattiti improntati su una natura errata. Tria non ci sta, non ci sta più. “Non dico che questo dibattito sui parametri sia surreale, perché c’è il dovere della Commissione europea di ricordare impegni presi in precedenza, ma si conferma un rallentamento dell’economia europea, non solo italiana”. E allora, proprio per questo, “bisogna riportare la discussione sui problemi maggiori”. Quelli di un rifiuto dell’austerità, dei parametri, e di ulteriori strozzature. Quello che ha fatto l’Italia, e quello su cui l’Italia non intende fare marcia indietro.