Milano – La fine del Quantitative Easing, programmata per la fine del mese di dicembre, e soprattutto la tabella di marcia per il rialzo dei tassi, attesi invariati almeno fino a tutta l’estate 2019, potrebbero essere rimessi in discussione già a partire da dicembre a causa di un aumento meno mercato dei prezzi rispetto alle aspettative. Lo ha detto il presidente della Bce Mario Draghi intervenuto oggi a Francoforte. L’inflazione di base dell’Eurozona – ha detto – “continua a oscillare intorno all’1% e deve ancora mostrare una tendenza al rialzo convincente”. Ciò potrebbe avere ripercussioni sull’addio al Qe programmato a fine dicembre. Se i dati in arrivo confermeranno la convergenza verso gli obiettivi – ha sottolinato Draghi, la Bce procederà come stabilito. Ma “il consiglio ha anche notato che le incertezze sono aumentate” e dunque “a dicembre, con le nuove previsioni disponibili, saremo più in grado di fare una piena valutazione”.
La debole dinamica dei prezzi potrebbe condizionare anche i piani verso l’atteso rialzo dei tassi di interessi. In occasione dell’ultima riunione di ottobre, il consiglio direttivo ha convenuto di mantenere invariata la forward guidance che prevede come detto di mantenere i tassi sui livelli attuali almeno fino all’estate 2019. Tuttavia – ha spiegato Draghi – la politica monetaria rimane strettamente legata ai dati (“reaction function”) e pertanto in caso di un calo della liquidità o di un peggioramento dell’outlook dell’inflazione vi potrebbe essere “un aggiustamento del percorso previsto per l’aumento dei tassi”. “La natura di questa forward guidance – ha detto il presidente Bce – è dipendente dagli sviluppi economici e pertanto agisce come uno stabilizzatore automatico. Se le condizioni finanziarie o monetarie dovessero diventare indebitamente più restrittive o se l’outlook dell’inflazione dovesse peggiorare, la nostra reaction function sarebbe ben definita. Questo a sua volta dovrebbe essere riflesso in un aggiustamento del percorso previsto per l’aumento dei tassi di interesse”.
“Aumenti spread da shock auto-prodotti”
Draghi, come sempre senza citare direttamente nessun Paese in particolare, ma con un inevitabile riferimento all’Italia ha rimarcato poi che “i Paesi ad alto debito non devono aumentarlo ulteriormente, e tutti i Paesi devono rispettare le regole dell’Unione”. Secondo il presidente Bce inoltre “la mancanza di consolidamento fiscale nei Paesi ad alto debito aumenta la loro vulnerabilità agli shock, che siano auto-prodotti mettendo in forse le regole dell’Unione monetaria, o importati tramite il contagio. Finora, l’aumento degli spread è stato in gran parte limitato al primo caso e il contagio è stato limitato”.
Articolo tratto da repubblica.it.