Bruxelles – Spitzenkandidaten, in tedesco, significa “candidati-guida”. Nel gergo europeo sono quei candidati che i partiti europei indicano agli elettori come loro prima scelta, nel caso escano vincitori dalle elezioni europee, come presidente della Commissione europea.
Si tratta di una innovazione piuttosto recente, la prima volta fu introdotta per le elezioni del 2014, che nasce sulla scia degli accresciuti poteri che il Parlamento europeo si è visto attribuire dal Trattato di Lisbona firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009 e che gli eurodeputati, rappresentanti dei cittadini ma anche dei partiti nell’Eurocamera, hanno voluto interpretare nella maggior ampiezza possibile, volentieri seguiti dai partiti.
Da parte dei partiti c’era anche la volontà di tentare un “avvicinamento” agli elettori, che hanno sempre visto la Commissione come un organo lontano, composto da persone per lo più sconosciute nei singoli Paesi, che ha però ampi poteri di incidere sulla vita di tutti noi. Indicare una persona vuol dire anche presentarla agli elettori, fare in modo che possano conoscerla prima che assuma un incarico tanto importante. E’ anche un modo, per i partiti europei, di indicare preventivamente chi loro vorrebbero ed evitare che, magari anche al loro interno, venga scelta una persona diversa.
Già, perché non sono i partiti a indicare formalmente il presidente della Commissione, e neanche il Parlamento. In base al Trattato di Lisbona questo potere spetta ai governi, riuniti nel Consiglio europeo, che scelgono la persona che dovrà guidare la Commissione e la propongono al Parlamento il quale, però, ha il potere di approvare o meno la scelta.
E’ in sostanza un potere condiviso, uno sceglie e l’altro approva, per cui di fatto c’è un possibile “corto circuito” che la scelta di introdurre lo spitzenkandidat potrebbe aiutare a risolvere. Ma solo sul piano strettamente politico, perché su quello legale l’indicazione da parte dei partiti prima delle elezioni non ha alcun valore, e la gran parte delle cancellerie non riconosce come vincolante il sistema dello spitzenkandidat.
Comunque nessun partito (o meglio, gruppo parlamentare), alle condizioni attuali, potrà avere da solo la forza di scegliere il presidente della Commissione, che è sempre frutto di un accordo tra varie forze politiche, che dialogano con i loro governi.
Tanto che, dopo le elezioni del 2014, che come sempre e come anche sarà nel 2019 precedono di sei mesi il rinnovo della Commissione, si chiarì che Jean-Claude Juncker, il candidato del partito che ebbe la maggioranza relativa dopo il voto popolare, il Ppe, sarebbe stato il primo “a provare” a trovare una maggioranza, e nel caso avesse fallito la palla sarebbe stata nelle mani del candidato del secondo partito, il Pse, e così via.
Di fatto Juncker andò bene anche ai governi, in maggioranza a guida Ppe nel 2014, e trovò facilmente una coalizione che lo sostenne anche in Parlamento.
Nel 2019 la questione potrebbe essere più complicata, perché la tradizionale maggioranza istituzionale tra Ppe, Pse e liberali non è detto che abbia la forza di imporre un proprio candidato.