Bruxelles – Anche i lavoratori come le danzatrici, le ballerine classiche, e naturalmente i loro colleghi uomini, hanno diritto ad essere protetti da abusi come i ripetuti contratti a tempo determinato che non si trasformano in contratti a tempo indeterminato. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea, senza neanche prendere in considerazione che queste professioni non “durano” nel tempo: anche queste persone sono lavoratori, ed hanno dunque diritto ad un trattamento equo.
La questione è nata dalla vicenda della danzatrice Martina Sciotto, che è stata impiegata dal 2007 al 2011 come ballerina di fila dalla Fondazione Teatro dell’Opera di Roma con “plurimi contratti a tempo determinato”. Nel 2012 la signora ha chiesto al Tribunale di Roma di accertare l’illegittimità dei termini apposti in questi contratti e di convertire il suo rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato.
Nel 2013 il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso per il motivo che la disciplina nazionale specifica applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche, spiegano alla Corte, “esclude l’applicazione a queste ultime delle norme che disciplinano i contratti di lavoro di diritto comune e osta, pertanto, alla conversione dei contratti di lavoro conclusi da tali fondazioni in rapporto di lavoro a tempo indeterminato”. Sciotto porta la questione in Appello, e questa corte decide di chiedere alla Corte di Giustizia europea se questa normativa italiana è conforme alle regole dell’Unione europea.
Con la sua sentenza di oggi, la Corte dichiara che “l’accordo quadro* sul lavoro a tempo determinato osta a una siffatta normativa nazionale, qualora non esista nello Stato membro nessun’altra sanzione effettiva degli abusi accertati in tale settore”. In sostanza le norme italiane sono illegittime, se non esiste un altro sistema per sanare il danno causato al lavoratore da abusi contrattuali.
La Corte ricorda che l’accordo quadro prevede misure minime tese ad evitare la precarizzazione dei lavoratori dipendenti. Gli Stati membri devono, così, “adottare almeno una delle misure preventive previste dall’accordo quadro e dispongono al contempo, a tale riguardo, di un margine di discrezionalità e della facoltà di tener conto delle esigenze particolari di settori di attività specifici e/o di talune categorie di lavoratori”.
La Corte constata che risulta che la normativa italiana nel settore di attività delle fondazioni lirico-sinfoniche non prevede nessuno dei limiti di cui all’accordo quadro riguardo alla durata massima totale di tali contratti o al numero di rinnovi degli stessi. Inoltre, “non sembra neanche che il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato in tale settore sia giustificato da una ragione obiettiva”.
Secondo la Corte:
– il carattere pubblico delle fondazioni lirico-sinfoniche non incide sulla tutela dei lavoratori in base all’accordo quadro, giacché quest’ultimo è applicabile a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro;
– il fatto che l’Italia abbia tradizionalmente utilizzato contratti a tempo determinato nel settore specifico non esime tale Stato dal rispetto degli obblighi derivanti dall’accordo quadro;
– non risulta che vi sia una ragione per la quale gli obiettivi di sviluppo della cultura italiana e di salvaguardia del patrimonio storico e artistico italiano richiedano che i datori di lavoro del settore culturale e artistico assumano personale a tempo determinato;
– non risulta che esigenze provvisorie del datore di lavoro giustifichino il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato. “Al contrario, sembra che la sig.ra Sciotto sia stata assunta, per vari anni, per l’espletamento di compiti sempre analoghi e quindi per necessità della programmazione ordinaria (circostanza che i giudici nazionali dovranno verificare)”;
– le considerazioni di bilancio non possono giustificare l’assenza di qualsiasi misura di prevenzione del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato;
– non risulta che il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato risponda all’esigenza di sostituire personale in attesa dell’esito di procedure di concorso, organizzate al fine di assumere lavoratori a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda le sanzioni per l’abuso dei contratti a tempo determinato, la Corte osserva che l’accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, “quando la normativa nazionale vieta tale tipo di sanzione in un settore specifico (nella fattispecie, quello delle fondazioni lirico-sinfoniche), occorre che vi sia, nel medesimo settore, un’altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato”.
Spetta ora ai giudici italiani verificare “se una siffatta misura esista nell’ordinamento giuridico interno e se essa abbia un carattere sufficientemente effettivo, dissuasivo e proporzionato per garantire l’applicazione dell’accordo quadro”.
La Corte sottolinea che, se i giudici nazionali dovessero constatare l’inesistenza “di una qualsiasi altra misura effettiva nella normativa nazionale per evitare e sanzionare gli abusi nei confronti del personale del settore delle fondazioni lirico-sinfoniche, essi avrebbero comunque l’obbligo d’interpretare il diritto interno, nei limiti del possibile, in modo da sanzionare debitamente tale abuso e da eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, ad esempio applicando la sanzione prevista dalle norme generali di diritto del lavoro e consistente nel convertire automaticamente un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo indeterminato qualora il rapporto di lavoro perduri oltre una data precisa”.
Va sottolineato che la Corte non risolve la controversia nazionale. Ora, dopo questa sentenza, spetta al giudice italiano risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte, che vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
*L’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43).
(Sentenza nella causa C-331/17, Martina Sciotto / Fondazione Teatro dell’Opera di Roma)