Bruxelles – In Commissione europea non si dice, ma lo si lascia intendere. Serve una ‘par condicio’ per internet. Servono delle regole che disciplinino la politica, ed in particolare le campagne elettorali di chi fa politica, nello stesso modo o in modo analogo di quanto avviene nel mondo reale. Vuol dire anche limiti. Limiti ai messaggi elettorali, soglie di apparizioni, possibilità di far replicare l’altro e così via. “La politica elettorale – evidenzia la commissaria per la Giustizia, Vera Jourova – si è spostata su internet. Off-line ci sono regole mentre sulla rete di fatto le regole non ci sono”.
In una breve considerazione condivisa col pubblico la sintesi del problema e l’ambito che impone del lavoro. Un lavoro non semplice, perché questo implica una rivoluzione non da poco, una vera e propria stretta del web impossibile da realizzare senza quantomeno correre il rischio di bavagli. Come impedire a un qualunque utente Facebook attivo in politica di non pubblicare sulla propria bacheca messaggi o e comunicazioni di carattere politico? E come impedirlo a chi possiede blog o siti personali? E su twitter? Non facile. Jourova però è convinta che, “se vediamo cosa è successo con il referendum sulla Brexit o negli Stati Uniti, c’è bisogno di fare qualcosa”.
Il punto è evitare ingerenze e interferenze nel processo elettorale. Su questo la Commissione europea ha organizzata una conferenza (dal titolo, per l’appunto, ‘Interferenze elettorali nell’era digitale’) proprio per concentrare l’attenzione sul rischio di manipolazione del dibattito e, di conseguenza, del consenso. Si impongono gli utenti di messaggi continui, ripetuti, martellanti. “Posso capire per ragioni commerciali, ma ragioni politiche…”, dice Jourova al pubblico. “Le persone non devono essere oggetto di manipolazione. Dobbiamo proteggerle e lasciare lo spazio per decisioni autonome”.
Come fare tutto questo, però? “Noi della Commissione abbiamo poche competenze e pochi strumenti in materia di elezioni”. L’esecutivo comunitario ha dunque le mani legate. Oltretutto “le bugie non sono illegali, e non possiamo bandirle”. Un riferimento alla fake-news, il risultato della grande macchina di disinformazione contro cui l’Ue ha avviato lavori per rispondere alla sfida. Non semplice, però. “Ci sono delle storie che chiaramente sono un falso, ma comunque molto emozionanti, e quindi conquistano”. Un esempio? “La storia di un serpente a causa del quale veniamo cacciati dal paradiso. Conoscete la storia…”.
Jourova mette anche in discussione fedi e dottrine (lei, ceca, proviene da un Paese dove oltre il 30% della popolazione si dichiara non credente…), per una ragione ben precisa: l’assenza di filtri da internet e l’uso che se fa rimette tutto in discussione. Fake news e manipolazione elettorale sul web “possono essere un problema per tutta l’Unione europea, ed è per questo che stiamo provvedendo ad avvertire i governi che le prossime elezioni europee non saranno ordinaria amministrazione” (“business as usual”, letterale).